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Aldo mirate
Cronaca
Addio avvocato

La sua toga sulla bara e le rose bianche del nipotino per dare l’addio all’avvocato Mirate

Ieri la cerimonia civile al Tempio Crematorio del cimitero di Asti

Il gesto automatico di una donna profondamente innamorata e straziata dal dover dare l’addio al marito: disporre con grazia sulla bara quella toga indossata migliaia di volte.
E’ un’immagine di tenerezza quella che Piera Bruno insieme alla figlia Silvia restituisce nel giorno dell’addio all’avvocato Aldo Mirate.
Una cerimonia civile che si è sobriamente tenuta al Tempio Crematorio del Cimitero di Asti come disposto dalle ultime volontà dell’avvoato più famoso di Asti.
Aldo Mirate è deceduto giovedì sera alla residenza Anni azzurri di Santena dove era ricoverato da qualche tempo dopo la gravissima emorragia cerebrale che lo aveva colpito alla fine di maggio.
I medici di Torino e Asti avevano stabilizzato le sue condizioni ma l’avvocato non aveva più ripreso conoscenza tanto erano state gravi le conseguenze del gravissimo malore.
La sua fama come legale aveva da tempo travalicato i confini della provincia astigiana per estendersi a tutta Italia.
Nel corso della sua lunga e brillantissima carriera era stato protagonista di importantissimi processi a livello nazionale e la sua agenda settimanale aveva impegni processuali in tutta Italia.
Uomo infaticabile, fino all’ultimo, che si distingueva, oltre che per il suo acume e la sua competenza giuridica, anche per la sua gestualità e il tono di voce capace di catturare l’attenzione di tutte le parti in aula. Sia per processi di interesse nazionale, sia per quelli di minor visibilità. La sua cifra era proprio questa: affrontare ogni processo con lo stesso impegno e la stessa perspicacia.
Un uomo ironico, garbato, mai sopra le righe, educato e capace di dimostrare profonda umanità.
Ma quella per il diritto non era la sua unica passione.
L’altra, grande, era quella per la politica: fu giovane deputato del PCI dal 1972 al 1979 e poi anche consigliere comunale e provinciale.
Da tempo si era allontanato da ruoli attivi della politica anche se, ad ogni tornata, non mancavano le richieste di candidatura. I motivi del diniego li confidava solo ad una stretta cerchia di amici e confidenti.
Al centro della sua vita, nonostante gli orari di lavoro al limite dell’impossibile, vi erano due donne: la moglie Piera e la figlia Silvia anche se, da quattro anni, il posto più grande del cuore era occupato dal nipotino Aurelio.
E proprio a nome del piccolo, sulla bara, è stato posto un mazzo di rose bianche, accanto alla toga, mentre Silvia dedicava al padre delle parole dolcissime.
«Un giorno mi hai portato a vedere una tappa del giro d’Italia, qui in città e nei tuoi occhi ho letto l’apprezzamento per la disciplina e il rigore di questo sport. Disciplina e rigore che, mi hai insegnato, cancellano ogni fatica. La tua filosofia di vita.
Hai corso tanto, papà, e in questa corsa ci hai sempre portati nel cuore, me, la mamma e da ultimo Aurelio. In fondo, tutta la tua vita è stata una “volata”, un’unica, straordinaria volata».
E poi Bella Ciao, la canzone simbolo della Resistenza partigiana, che Aldo stava insegnando al suo nipotino. Non a caso, fra la piccola folla di colleghi e amici presenti al saluto, anche la bandiera dell’Anpi di Asti cui era iscritto.
Ed era presente anche un’altra bandiera, quella dell’Ordine degli Avvocati di Asti con i componenti del Consiglio che hanno partecipato indossando la toga.
Un ultimo riconoscimento a quel “maestro di legge” che tante generazioni di avvocati astigiani ha formato e del quale è stato “dominus”.

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