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L'appello di una famiglia rom:«Demoliranno la nostra baracca»
Cronaca

L'appello di una famiglia rom:
«Demoliranno la nostra baracca»

Sartana ha 42 anni. Vive ad Asti con la sua famiglia da sei anni. La sua abitazione, un’ampia struttura in pannelli e rialzata, si trova all’interno del campo nomadi della Boana, nella zona lungo

Sartana ha 42 anni. Vive ad Asti con la sua famiglia da sei anni. La sua abitazione, un’ampia struttura in pannelli e rialzata, si trova all’interno del campo nomadi della Boana, nella zona lungo il Tanaro, al fondo di corso Savona. Nei giorni scorsi ha ricevuto dagli uffici comunali l’avviso che a partire dal prossimo 17 ottobre lo stesso Comune procederà all’abbattimento delle costruzioni realizzate nel corso degli anni. «Si tratta dell’ultimo atto relativo agli abusi edilizi nel campo, in un’area golenale, a rischio di esondazione, per i quali c’è un’ordinanza di demolizione firmata dal sindaco», sottolineano dagli uffici comunali. «Avevo acquistato il terreno e abbiamo sistemato la nostra casa con tanti sacrifici: dove andremo se ci abbattono le nostre abitazioni? Come potranno continuare ad andare a scuola i miei figli? Sono affezionati alle loro maestre e ai compagni: non voglio che debbano rinunciare alla possibilità di studiare nella loro scuola», dice Sartana Halilovic, di etnia rom, con accanto la moglie Sultanija e i suoi figli.

Sono in sei: i più piccoli hanno 6 e 8 anni e frequentano la elementare “Pascoli”; i ragazzi di 12 e 13 anni la media “Jona”; i più grandi hanno 16 e 18 anni. «Non ho insegnato ai miei figli ad andare per strada a chiedere l’elemosina, voglio che crescano studiando. Se saremo costretti a lasciare la nostra casa, che futuro ci sarà per loro?», aggiunge Halilovic. Il terreno che aveva acquistato è stato espropriato dal Comune: «Lo avevo comprato per far studiare i miei figli e farli vivere in modo stabile: chiedo che qualcuno ci aiuti per darci un tetto oppure un posto in cui sistemarci. Non ho mai chiesto niente, abbiamo sempre pagato le bollette della corrente elettrica – ci dice l’uomo, che ci spiega di essere un raccoglitore di materiale ferroso, regolarmente iscritto all’albo – Mi sono rivolto al Comune, ho chiesto anche per le case popolari e agli assistenti sociali, ma mi chiudono tutti la porta in faccia».

«Sono però fiducioso che non verremo abbandonati, non credo ci lasceranno per strada», aggiunge, mostrandoci la sua abitazione, una struttura di 12 per 8 metri, confortevole, in cui si trovano tre camere, cucina, salotto e bagno, e il numero civico, il 330–B, all’ingresso del cancello dell’area, interamente recintata, in cui si trovano anche alcune mobile homes. L’attenzione sul campo della Boana si è focalizzata già in passato anche in consiglio comunale, quando si chiedevano soluzioni alla pericolosità di quell’area. Ora la questione torna in tutta la sua urgenza. «Ci sono tante cascine abbandonate, per noi andrebbe bene come soluzione, provvederemmo noi a fare i lavori necessari per rendere lo spazio accogliente – ci dice la signora Sultanija, mentre i bambini giocano con le biciclette, in compagnia del loro cagnolino Bobi, cucciolo di un anno, nell’ampio spiazzo asciutto e ben curato – Spero che qualcuno possa ascoltare il nostro appello».

Marta Martiner Testa

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