Una testimonianza sofferta quella di un idraulico torinese, Emanuele Corallo, al processo che si sta celebrando in tribunale ad Asti per la morte di Mihail Istoc, il romeno clandestino deceduto nella
Una testimonianza sofferta quella di un idraulico torinese, Emanuele Corallo, al processo che si sta celebrando in tribunale ad Asti per la morte di Mihail Istoc, il romeno clandestino deceduto nella caduta da un ponteggio in un cantiere edile di Venaria il cui corpo venne abbandonato nell'estate del 2009 in una discarica abusiva di Vignole, frazione di Montafia. Senza documenti al seguito e con il corpo in parte deturpato dal passaggio degli animali e dalla decomposizione, Istoc venne identificato solo tre anni dopo. Ma questo non fermò le indagini che portarono ad identificare in due impresari torinesi, Vittorio Opessi e Antonino Marino, i responsabili dell'occultamento.
L'idraulico aveva lavorato in alcuni cantieri dell'impresa dei due imputati proprio nello stesso periodo in cui perse la vita Istoc e, in particolare, prestò opera nel cantiere di via Bellucco a Venaria dove sarebbe avvenuto l'infortunio mortale del romeno, clandestino e senza alcun contratto. Corallo ha negato di aver mai conosciuto Istoc mentre ha ammesso di conoscere Isidor Andro, detto "Doru", connazionale della vittima e testimone chiave di tutto il processo. Una volta che i carabinieri, identificato il cadavere e analizzato il traffico telefonico del suo cellulare arrivarono a lui, raccontò che Istoc lavorava in nero per i due impresari e, in una caduta fatale con il martello pneumatico nel primo giorno di impiego, rimase impigliato nei fili elettrici e morì.
Doru, che raccontò di aver trovato così il connazionale alla riapertura del cantiere, ormai senza vita, avvertì gli impresari dell'accaduto e, sempre secondo il suo racconto, sarebbero stati loro a "disfarsi" del corpo. L'interesse degli inquirenti si concentrò su un fitto scambio di telefonate (intercettate) fra Corallo e Doru avvenuto nel novembre del 2012, a riconoscimento avvenuto e inchiesta avviata. Doru aveva chiesto insistentemente di poter incontrare Corallo con l'esigenza di dovergli parlare di persona e non al telefono. I due si incontrarono davanti alla stazione di Ciriè ma sul contenuto di quel colloquio, l'idraulico ieri in aula ha fatto un racconto pieno di "non ricordo", tanto da farsi richiamare dal pm più volte. «Doru mi aveva informato che stava lavorando in proprio chiedendomi di segnalargli qualche incarico e poi mi chiese il nuovo numero di cellulare di Marino perchè aveva urgenza di parlargli. Ma io non ce l'avevo perchè con Marino avevo litigato per questioni economiche e non lo sentivo da tempo».
Nessuna risposta, invece, per spiegare una intercettazione telefonica di un colloquio sempre fra lui e Doru in cui, dopo aver fatto precedenti riferimenti ai due impresari imputati, l'idraulico chiedeva al romeno «Ma me la spieghi poi come è andata quella cosa?». Per il pm è la prova che Corallo e gli altri protagonisti di questa tristissima vicenda avessero parlato della morte di Istoc, ma l'uomo ha liquidato i suoi sospetti con un ennesimo "non ricordo". Il processo è stato rinviato al 24 marzo, data nella quale verranno sentiti di due impresari sotto processo, assistiti dagli avvocati Silvia Merlino e Roberta Rocchetti, che hanno sempre respinto le accuse sostenendo di non aver mai conosciuto Istoc, di non essere mai venuti a conoscenza che fosse al lavoro nel cantiere di via Bellucco (dove invece lavorava Doru su incarico dell'impresa) e, meno che mai, di averne nascosto il corpo a Montafia. Il giudice Amerio, chiamato ad esprimersi su questo delicato caso, ha annunciato che prevede per quella data anche la discussione fra le parti.
Daniela Peira