I nomi delle cantine controllate non sono stati resi noti, ma si sa che si tratta di due realtà di medie dimensioni con sede nel distretto di Canelli che comprende da Calamandrana a Santo Stefano Belbo
E’ stata una verifica prettamente documentale quella fatta dai finanzieri della Tenenza di Nizza in collaborazione con i funzionari dell’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi) su due aziende vinicole astigiane.
I nomi delle cantine controllate non sono stati resi noti, ma si sa che si tratta di due realtà di medie dimensioni con sede nel distretto di Canelli che comprende da Calamandrana a Santo Stefano Belbo.
Dalla verifica ne sono uscite tutte e due con una serie di irregolarità a carico: nel primo caso sono state riscontrate solo anomalie fiscali mentre nel secondo si parla di una frode alimentare.
Ed è proprio la frode alimentare che suscita le maggiori perplessità, visto che riguarda una partita di circa 70 mila litri di doc e docg, prevalentemente Moscato, nella zona che solo due anni fa è stata nominata Patrimonio dell’Unesco proprio per i suoi paesaggi e le sue produzioni vitivinicole delle quali le bollicine dolci sono portabandiera economico e di immagine.
Forti irregolarità sono state riscontrate nella comparazione dei registri che ogni cantina è obbligata a tenere: quella di presa in carico di mosti e quella di vino prodotto con essi. La legge sulle denominazioni prevede che solo le bottiglie di vino delle quali sia tracciabile il mosto con il quale è stato fatto possano essere vendute con le fascette di doc e docg.
I finanzieri, invece, avrebbero trovato svariate migliaia di litri di vino in più rispetto al mosto che risulta in arrivo in cantina. Se è registrato meno mosto di quanto serva per fare quella quantità di vino, quello che “manca” all’appello, da dove arriva?
In altre precedenti verifiche su altre cantine, sempre della zona, erano stati addirittura intercettate delle autocisterne in arrivo dall’estero con mosti che venivano utilizzati per produrre i vini doc e docg.
In questo caso, sottolineano dalla Finanza, l’irregolarità è emersa solo dall’incrocio dei dati del registro di magazzino, dunque non vi è alcuna ipotesi precisa sulla provenienza del mosto “in più”.
Ma la mancata tracciabilità del mosto è valsa una denuncia ai titolari della cantina per frode nell’esercizio del commerci e per contraffazione di indicazioni geografiche e denominazioni di origine di prodotti agroalimentari.
Incrocio di dati anche per la seconda cantina controllata, ma questa volta si è trattato puramente di fatture e di ogni altro documento che servisse a ricostruire i rapporti commerciali intrattenuti con clienti e fornitori. Dall’analisi di esso, i finanzieri hanno tratto un totale di oltre 1 milione e mezzo di euro di ricavi sottratti alle imposte con un’evasione di circa 400 mila euro.
Daniela Peira