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nizza omicidio
Cronaca
Il movente

Nizza Monferrato, un omicidio frutto di anni di violenze domestiche

Nel racconto della figlia un passato in una famiglia dove il padre-padrone sottometteva le donne ad uno stato di obbedienza assoluta

Quella che sembrava una prima ipotesi sul movente che ha spinto la ragazza di appena 18 anni ad uccidere il padre con un fendente all’addome, sta trovando sempre più conferme con il passare delle ore e con le dichiarazioni fatte dalla giovane ai carabinieri che hanno conducendo le indagini insieme ad un gruppo di psicologi all’interno di una struttura protetta segreta.

Makka, questo il nome della ragazza, è intervenuta per salvare la madre da una violentissima aggressione del padre. Si è frapposta fra i genitori e il padre se l’è presa anche con lei; l’unico modo che la ragazza ha visto  per fermarlo, in quel momento,  è stato quello di accoltellarlo.

Una verità dolorosissima e piena di sofferenza che nasconde un vissuto dove le violenze, i soprusi, le sopraffazioni, le umiliazioni erano all’ordine del giorno.

La vittima, un 50enne di origini cecene, viene descritto dalla figlia come un vero padre-padrone senza il minimo rispetto per le donne di famiglia.

Da quando ha memoria, ricorda le continue umiliazioni nei confronti della madre, e la violenza fisica. Crescendo, la ragazza si è assunta un pesante carico di responsabilità come spesso accade ai figli vittime di violenza assistita. Bravissima a scuola (frequenta il liceo Pellati), ha sempre affiancato allo studio anche l’aiuto alla madre nel badare ai tre fratelli più piccoli e per contribuire allo scarno bilancio famigliare andava a lavorare come cameriera nei fine settimana nello stesso ristorante nicese in cui lavora la mamma in cucina.

Profondamente osservante, in tanti a Nizza ricordano quella ragazza educatissima, composta, precisa, semplice, sorridente, affidabile con i capelli sempre coperti dal velo.

Ai carabinieri e al pm Makka ha raccontato tutto, ha ripercorso anni di violenza domestica con la stessa educazione e la stessa compostezza che l’hanno sempre contraddistinta. Un atteggiamento che crolla ogni volta che le viene chiesto di spiegare il gesto omicida di ieri.

La giovane è sempre stata profondamente coinvolta nell’atmosfera di profondo disagio famigliare, e così è stato anche ieri pomeriggio, quando la madre, dal posto di lavoro, l’ha informata via messaggi e via vocali, che il padre era venuto lì per due volte annunciando di essersi di nuovo licenziato e pretendendo che la moglie facesse la stessa cosa.

Così, quando sono stati di nuovo tutti a casa, Makka già conosceva i motivi della violenta lite nata fra i genitori e quando il padre si è scagliato contro la madre, è intervenuta per proteggerla. Un gesto inaccettabile per un uomo che non ha fatto altro nella vita che ricondurre le donne di famiglia all’obbedienza totale e che lo ha spinto ad aggredire anche la figlia. Questa volta, però, lei ha avuto così  paura per sè e per la madre, da reagire con tale forza e determinazione da provocare la morte del padre.

In casa erano presenti anche gli altri fratelli di 14, 11 e 10 anni che in quel momento erano in un’altra camera con una maestra nicese che si era offerta per dare loro un po’ di ripetizioni. Così è diventata involontaria testimone ma anche colei che ha chiesto l’intervento dei soccorritori (l’uomo non è deceduto subito) e dei carabinieri; poi ha preso i tre bambini   e li ha portati fuori da quella casa.

I carabinieri hanno trovato nell’abitazione madre e figlia e quest’ultima ha subito ammesso la sua responsabilità ma appena ha cominciato a raccontare, seppur stravolta, quello che era successo, è stato chiaro che, al di là di quello che le verrà addebitato, è lei stessa una vittima di violenza domestica. Di qui la decisione di portarla in una struttura protetta e di offrirle l’aiuto psicologico.

Attualmente è in stato di fermo per omicidio e l’udienza di convalida è   fissata per lunedì mattina. Accanto a lei, davanti al gip, ci sarà il suo difensore, l’avvocato Massimiliano Sfolcini.

 

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