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Gianpaolo Nuara
Cronaca
Sentenza

Non fu lui a far scoppiare la bomba carta al Tribunale di Asti

L’unico imputato è stato assolto dal tribunale di Milano con formula piena. L’ordigno era esploso nell’ottobre del 2019

“Assolto per non aver commesso il fatto”: Giampaolo Nuara, per il tribunale di Milano, non è colui che ha costruito e piazzato la bomba carta esplosa nei pressi del Tribunale di Asti nella notte fra il 16 e il 17 ottobre del 2019.
Soddisfazione per l’esito del processo è stata espressa dal suo difensore, l’avvocato Lamatina, che ha sempre sostenuto l’innocenza del suo assistito.
Nuara, all’udienza precedente, si era alzato per rilasciare una dichiarazione molto breve: «Io non c’entro proprio nulla con tutta questa storia».
Detenuto per altre cause e con una condanna pendente per l’omicidio dello chef di Calliano, Piero Beggi, ha sempre respinto la ricostruzione degli investigatori astigiani che erano arrivati a lui indagando nel mondo di chi fornisce materiale potenzialmente utile a realizzare l’ordigno che era stato fatto esplodere davanti ad un ingresso secondario e mai usato dell’Archivio di Stato, confinante con Palazzo di Giustizia. Quando la Polizia era intervenuta su segnalazione dei residenti della zona che avevano udito il forte boato, avevano trovato, oltre ai resti della bomba carta, un cartello molto esplicito su cui era scritto “Dovete ringraziare Pavone, Deodato, Morando e Amerio”.
Da quel giorno i magistrati vennero messi sotto scorta.
A fare ombra su Nuara anche un altro fatto: il giorno dopo lo scoppio dell’ordigno ad Asti, pervenne al tribunale di Vercelli una segnalazione di allarme bomba (risultato poi infondato). Era il giorno in cui Nuara sarebbe dovuto comparire davanti al Gip di quel tribunale proprio per l’omicidio dello chef Beggi.
Con Nuara erano stati indagate altre quattro persone che, a vario titolo, lo avrebbero aiutato ma solo lui venne rinviato a giudizio.
L’avvocato Lamatina, fra gli altri argomenti difensivi, aveva sempre sostenuto che quell’attentato era “nominativo” e con quei giudici il suo assistito non aveva nessun conto in sospeso nè era mai stato indagato o giudicato da loro, quindi non aveva alcun motivo di minacciarli.

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