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Cronaca
Sentenza

Omicidio Indino: «Bagnasco lo ha ucciso per rabbia dopo l’incontro con i debitori in piazza»

Uscite le motivazioni della condanna a 16 anni dell’ex datore di lavoro della vittima

E’ tutta nelle motivazioni del gup Belli la ricostruzione dell’omicidio di Francesco “Franco” Indino avvenuto all’alba del  25 giugno 2015 in Campo del Palio dove l’uomo, camionista di ortofrutta, è stato trovato riverso in una pozza di sangue vicino al suo mezzo.

Tre mesi fa la condanna a 16 anni di Stefano Bagnasco, quello che allora era il datore di lavoro della vittima e in questi giorni il gup ha messo nero su bianco la sua convinzione di colpevolezza dell’imputato.

Con una ricostruzione che mette insieme le due importanti fasi dell’indagine che, fin da subito, si è rivelata piuttosto complicata e che aveva subito uno stallo, anche per via dell’avvicendamento dei pm che se ne sono occupati. Sono stati i pm Deodato e Macciò, ultimi in ordine di tempo, a formulare una chiave di lettura dei risultati delle indagini che portavano ad una sola logica conlusione: è stato Bagnasco a sferrare, per rabbia, i colpi mortali che hanno ucciso il suo dipendente.

L’arma del delitto non è mai stata trovata, ma si parla di un qualcosa molto vicino ad una spranga di ferro che Bagnasco avrebbe usato su Indino colpendolo da dietro, quando il camionista meno se lo aspettava. Una serie di colpi violenti che lo hanno gravemente ferito alla testa ma in modo, si legge nelle motivazioni, da non imbrattare i vestiti del suo aggressore che si trovava dietro di lui.

E questo spiegherebbe come mai Bagnasco, quando si è presentato poco dopo la scoperta del cadavere di Indino, vestisse gli stessi abiti del mattino, come confermato dalla barista di un bar in cui i due avevano preso il caffè prima dell’aggressione.

Il gup, nella sua ricostruzione, sottolinea però anche come manchino spiegazioni convincenti al fatto che Bagnasco, nelle ore successive all’omicidio di Indino, abbia gettato via le scarpe da ginnastica che indossava quella mattina, abbia buttato via i tappetini della sua auto e abbia lavato con la candeggina i pedali della stessa vettura. Tutto, in ottica colpevolista, fa pensare che volesse far sparire le uniche tracce di sangue raccolte sul luogo del delitto.

Tornando alle fasi dell’indagine, le pagine di cronaca locali riportano gli arresti fatti, con l’accusa di concorso in omicidio, di una serie di persone (compreso Bagnasco) che facevano parte o lavoravano per  una ditta all’ingrosso di ortofrutta cittadina che riforniva la ditta di Bagnasco. Ditta con la quale Bagnasco aveva contratto un debito di circa 20 mila euro per merce non pagata e i cui amministratori usavano metodi piuttosto violenti ed intimidatori con chi si permetteva di non onorare le fatture. Nel fascicolo ci sono prove di continue telefonate e messaggi a Bagnasco con inviti a pagare il debito, vi è un episodio in cui gli stessi titolari si presentano al suo banco di ortofrutta, lo prelevano e lo riportano dopo un’ora in evidente stato di terrore, vi è la visita poco cordiale degli stessi amministratori a casa degli anziani genitori di Bagnasco per fare pressioni sul figlio.

Le telecamere di piazza del Palio, nei minuti che hanno preceduto l’aggressione mortale, indicano la presenza di un furgone che potrebbe essere riconducibile a quello usato dalla ditta di ingrosso ortofrutta. Ma rilevano con precisione anche l’arrivo delle due auto di Indino e Bagnasco per andare a ritirare il camion parcheggiato lì dalla sera prima e pronto per partire per i mercati in provincia.

La ricostruzione fatta dalla Procura e pacificamente condivisa dal gup è questa: Indino, forse anche suo malgrado, si era ritrovato nella posizione di intermediario fra il suo datore di lavoro e i debitori sempre più arrabbiati ed insistenti. E, in questo ruolo, aveva accettato di organizzare un incontro “chiarificatore” proprio all’alba del 25 giugno, in piazza del Palio. Lì si ritrovano e, presumibilmente, lì i creditori ribadiscono con minacce l’ultimatum a Bagnasco per il pagamento dei 20 mila euro. Poi i creditori se ne vanno e Bagnasco, in preda alla rabbia, alla frustrazione e alla convinzione che il suo dipendente gli abbia teso una “trappola” con i debitori, lo aggredisce fuorisamente fino alla morte. Poi se ne va, con un ritardo di 16 minuti sulla sua tabella solita di marcia, così come confermato dalle telecamere in uscita da piazza del Palio.

«Tale ricostruzione è l’unica plausibile perchè Bagnasco era certamente presente al momento dei fatti ed aveva un serio movente» sono le conclusioni del gup.

Su questo importante documento giudiziario, la difesa di Bagnasco, sostenuta dall’avvocato Avidano, dovrà lavorare per elaborare il ricorso in Appello. Bagnasco ha sempre negato di aver ucciso il suo dipendente.

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