Si sono presentati alla porta della sua casa in zona San Rocco, di sera, e lo hanno arrestato con l’accusa di essere il capo di un’organizzazione che si occupa di traffico di esseri umani.
E’ questo il motivo per il quale il pakistano, 30 anni, è in carcere ad Asti dove lo hanno portato degli agenti della Questura di Asti.
Non era ospitato in alcun centro di accoglienza, ma viveva in un alloggio di via Guttuari e viveva di lavoretti saltuari, quasi tutti in nero. Aveva anche avviato la procedura per ottenere il permesso di soggiorno ed è proprio controllando il nome che ha dato che è emerso come fosse uno degli “alias” indicati in un mandato di cattura internazionale spiccato dall’Ungheria.
Il nome del ragazzo trovato ad Asti, infatti, risulta proprio fra quelli che nel tempo, ha utilizzato il capo dell’organizzazione che, secondo le indagini ungheresi, faceva arrivare stranieri clandestinamento dalla Slovenia all’Ungheria salvo poi redistribuire i profughi in tutti i Paesi dell’Unione Europea. E per questo motivo è stato spiccato il mandato di cattura internazionale su tutta Europa.
Secondo le accuse ungheresi, i fatti per i quali il pakistano era ricercato risalgono alla fine del 2023 e le vicende che gli vengono imputate sono molto gravi.
Ieri, ad Asti, l’udienza di convalida dell’arresto in cui il pakistano era assistito dall’avvocato Jacopo Evangelista, era presente un interprete perchè lui, nonostante abbia affermato di essere in Italia da circa 2 anni, non sa quasi esprimersi nella nostra lingua.
Ha respinto l’accusa e non era assolutamente al corrente di essere un ricercato internazionale. Nei prossimi giorni saranno notificati al difensore tutti gli atti tradotti dalla lingua ungherese in modo da poter valutare la linea da tenere quando, il 19 febbraio, si terrà in Corte d’Appello a Torino l’udienza in cui si discuterà esclusivamente se estradarlo in Ungheria, sede dell’indagine.