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Cronaca

Per i giudici Michele Buoninconti
non è un buon padre

Per un uomo che ha sempre fatto della sua famiglia un vanto quasi personale, la sentenza del Tribunale dei Minori emessa martedì è come uno schiaffo in piena faccia. Parliamo di Michele Buoninconti

Per un uomo che ha sempre fatto della sua famiglia un vanto quasi personale, la sentenza del Tribunale dei Minori emessa martedì è come uno schiaffo in piena faccia. Parliamo di Michele Buoninconti al quale è stato notificato al carcere di Verbania, dove si trova rinchiuso con l'accusa di aver ucciso la moglie, il dispositivo dei quattro giudici minorili che dichiara la decadenza della patria potestà sui suoi quattro figli prorogando il divieto di incontrarli fino a che la vicenda penale non sarà stata definita. Per i giudici, al di là della sua colpevolezza o innocenza nell'accusa di omicidio, Michele è ritenuto incapace di occuparsi dei propri figli e non solo perché si trova attualmente in carcere, ma perché ha dimostrato, sempre secondo i giudici, di non essere in grado di tenere conto dei bisogni evolutivi dei ragazzi.

«Ragazzi vissuti in una condizione di isolamento dal resto del mondo»
A pesare come un macigno ci sono le relazioni degli assistenti sociali che seguono da vicino la famiglia fin dall'arresto dell'uomo e che hanno anche parlato più volte con Michele. Le loro conclusioni sono pesantissime: «dal momento della scomparsa della madre a quello del ritrovamento del cadavere e successivo arresto del padre, Michele ha fatto vivere i figli in una sorta di condizione di isolamento dal mondo esterno pregiudizievole per il loro sereno sviluppo psicologico». Diversi gli esempi riportati in sentenza per motivare la decadenza della patria potestà. Il primo è il modo con il quale Michele si è rapportato con gli assistenti sociali durante due colloqui con loro in carcere. Parlando dei suoi figli "i ragazzini non vengono percepiti e descritti nella loro individualità ma come un insieme all'interno del quale il padre distingue due coppie maschio?femmina". Non solo, ma Michele rapporterebbe anche la descrizione dei figli a se stesso dicendo che due di loro assomigliano più alla madre e dunque sono più riservati mentre gli altri due assomigliano più a lui e dunque sono più estroversi e capaci di andare d'accordo con tutti.

«Finchè stanno con me non hanno bisogno di nessun altro»
Né durante l'anno passato con i figli dopo la scomparsa della moglie, né durante i colloqui in carcere con gli assistenti sociali, Michele ha mai dimostrato di essere preoccupato per la gravissima situazione emotiva vissuta dai figli per l'assenza della madre. Non ha mai chiesto aiuto a specialisti mentre viveva ancora con loro e in carcere ha detto che "finchè sono stati con lui, i bambini non avevano bisogno di null'altro".

Michele ha suggerito che nonni e figli andassero a vivere nella casa di Motta
L'esempio che ha fatto quasi inorridire gli avvocati di parte civile che rappresentavano la famiglia materna di Elena, è la proposta avanzata da Buoninconti attraverso l'avvocato Girola di invitare i nonni e i figli a tornare a vivere nella casa di Costigliole per abbattere i costi di trasporto da e verso le scuole, addebitati all'uomo. La stessa casa in cui hanno vissuto con la madre ancora viva, forse la stessa in cui la donna è stata uccisa (o dalla quale si è allontanata senza mai tornarci più), quella in cui hanno passato un anno di difficile convivenza con il padre e la stessa che, infine, ha visto l'arresto dell'uomo.
«Siamo soddisfatti per questa sentenza, che riconosce ai nonni Lucia e Franco Ceste il ruolo centrale nell'educazione e nell'amore verso questi ragazzi rimasti soli ? ha commentato l'avvocato Carlo Tabbia che con la collega Debora Abate Zaro assiste la famiglia di Elena ? i giudici hanno recepito in toto le nostre richieste formulate proprio sulla base dello stato emotivo attuale dei bambini e sulle loro esigenze di sviluppo e di crescita».

L'avvocato Girola: «Faremo ricorso. Non hanno nemmeno aspettato la sentenza sull'omicidio»
Di tutt'altro tenore invece il commento dell'avvocato Chiara Girola, che ha rappresentato Buoninconti nella vicenda davanti al Tribunale dei Minori: «Abbiamo dieci giorni di tempo per presentare reclamo: mi riservo di parlare con lui ma penso che ci opporremo a questa sentenza arrivata ancora prima di quella penale di primo grado. Non è vero che lui tenesse isolati i bambini, li ha sempre accompagnati dagli amici, uscivano insieme in bicicletta, si occupava di loro a tempo pieno per non far pesare troppo l'assenza della madre». Per i giudici del Tribunale dei Minori, la futura ripresa dei rapporti tra padre e minori (che non può avvenire prima della fine del procedimento penale in corso in tutti i suoi gradi di giudizio), dovrà avvenire con una forte gradualità e una presa in carico di psicologi ed assistenti sociali sia di Michele che dei figli.

Daniela Peira

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