Con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso presentato dalla Procura Generale della Corte d’Appello di Torino, la Corte di Cassazione ha posto la parola fine al processo che ha visti imputati ( Andrea Bovero sindaco di Celle Enomondo, la geometra Monica Omedè in qualità di consigliere comunale e il tecnico comunale Paolo Gardino.
Ultimo atto del processo che, partendo dall’indagine “madre” su presunti abusi edilizi che riguardavano due immobili in paese, aveva dato origine ad altri filoni fra i quali questo che riguardava più strettamente
Erano stati condannati in primo grado dal tribunale di Asti a pene comprese fra gli 8 e i 12 mesi ma i giudici della Corte d’Appello di Torino avevano già ribaltato la sentenza mandandoli tutti e tre assolti. Ed è proprio contro questa decisione che la Procura aveva fatto appello.
Il primo cittadino, la geometra consigliere comunale e il tecnico imputati di abuso d’ufficio con l’accusa di aver modificato il piano regolatore estromettendo un vincolo di conservazione che gravava su tre fabbricati del paese, due dei quali erano stati al centro del processo sugli abusi edilizi.
Un’accusa che i tre imputati hanno sempre fermamente respinto. In primo grado il giudice Amerio aveva accolto la tesi del pm Paone condannandoli.
Nel frattempo il sindaco era rientrato nelle sue funzioni di primo cittadino dopo una sospensione di quasi un anno e mezzo a seguito della vicenda. Conseguenze di questo tipo hanno riguardato anche il tecnico comunale Gardino, difeso dall’avvocato Serse Zunino, che era stato sospeso per 9 mesi dal lavoro rischiando seriamente il posto di lavoro a seguito della nuova normativa sul lavoro pubblico e poi rientrato ma con altra mansione.
«La sentenza – commenta l’avvocato Aldo Mirate per la difesa del sindaco Bovero – attesta dopo 7 anni la correttezza del sindaco Andrea Bovero e dimostra l’iniquità della “Legge Severino” e delle logiche “pan penalistiche” che in questi anni sono dilagate nel nostro Paese. La vita democratica di un comune è stata mutilata ed un sindaco è stato impedito, per un anno, nello svolgimento delle sue funzioni per un illecito che si è dimostrato penalisticamente insussistente. Una sanzione interdittiva – conclude il difensore – per molti aspetti più grave di una condanna, è stata inflitta senza che fosse accertata, in via definitiva, la violazione della legge penale».