Testimonianze che ricostruiscono il clima dell’indagine
Le deposizioni dei testimoni al processo Barbarossa che si sta celebrando ad Asti cominciano ad entrare nel vivo non solo delle accuse rivolte agli imputati che hanno scelto il rito ordinario ma anche del più generale quadro entro il quale si è mossa l’indagine che comprende anche ruoli e comportamenti degli imputati che hanno scelto l’abbreviato e che sono stati già tutti condannati a pene pesantissime dal gip di Torino.
Sono state soprattutto tre le testimonianze , all’ultima udienza, che, seppur sofferte, hanno dato già un primo spaccato del clima che regnava a Costigliole e che i carabinieri del Reparto Operativo di Asti e la Direzione Distrettuale Antimafia di Torino hanno ricostruito nell’indagine sulla nascita di una “locale” ‘ndranghetista fra Costigliole e Asti.
«Pretendevano di mangiare gratis al pranzo della Polisportiva»
Il primo a parlare è stato il presidente della Polisportiva Costigliolese nell’anno 2015 che ha avuto uno scontro violento con un appartenente alla famiglia Stambè, Michele, uno dei condannati in abbreviato. «Ad una festa della Polisportiva si è presentato con altri tre amici e pretendevano di mangiare la grigliata gratis. Io mi sono rifiutato – ha raccontato in aula – e per tutta risposta mi sono preso un pugno in faccia. Sono stati chiamati i carabinieri e prima che arrivassero mi ha avvicinato per convincermi a non fare i nomi di chi mi aveva aggredito ma io invece li indicai». Ma a quell’episodio non seguì mai una formale denuncia. «In tanti, amici compresi, mi suggerirono di non farla perchè era meglio non mettersi contro quella gente» ha spiegato.
Piastrellista avvicinato e spaventato
Altro testimone sulla stessa linea d’onda è stato un giovane piastrellista del paese che ha ricevuto direttamente a casa sua la visita di Salvatore Stambè accompagnato da un ragazzo presentato come suo nipote. «Mi ha detto che avrei dovuto versare 2 mila euro alla loro famiglia da dare ai parenti in carcere. Ha fatto preciso riferimento anche alla mia famiglia, dicendo che dovevamo “aiutarci”. Io mi rifiutai di dare quei soldi e lui me li chiese altre volte. Preoccupato, ne parlai con il cognato, Salvatore Carè, ma lui prima si offrì di mediare a queste richieste poi mi suggerì di pagare dicendomi “Sai come sono fatti, guarda cosa hanno fatto al Bar di Maurizio”». Il testimone ha proseguito ricordando di essersi spaventato a morte quando Stambè si è ripresentato pochi giorni dopo chiedendo di nuovo i soldi o, in alternativa l’assunzione del nipote e al suo rinnovato rifiuto gli disse «Tu non sai chi siamo noi, chiedi a Costigliole chi comanda e anche ad Alba e ad Alessandria». Il piastrellista ha ammesso di essere scoppiato in lacrime per la paura di ritorsioni nei confronti del padre, della moglie e del figlio visto che un giorno aveva anche sentito spari molto vicini a casa sua. «I soldi non glieli ho mai dati, ma ho vissuto nella paura. Mi guardavo sempre intorno, controllavo le auto intorno a casa, cercavo di non muovermi nelle ore buie».
Litigò per una sigaretta accesa e tre giorni dopo spararono dentro il suo bar
E poi la testimonianza di quel Maurizio titolare del Bar del Peso che pagò caro un pugno dato a Michele Stambè durante uno scontro nato dal fatto che quest’ultimo fumava nel locale nonostante il divieto.
«Già Michele, sul momento, quando chiamai i carabinieri mi disse “Tu il locale non lo riapri più” e la sera si presentò anche lo zio in compagnia di Luca Scrima arrabbiato per quel che avevo fatto al nipote». In più punti il pm ha dovuto sollecitare la memoria del testimone che però ha poi raccontato che pochi giorni quell’episodio vennero esplosi diversi colpi di pistola contro la vetrina del bar mentre lui era dentro a fare le pulizie.
Il processo finirà in un video di Libera
L’ultima udienza ha segnato anche l’autorizzazione del collegio di giudici presieduto dalla dottoressa Chinaglia alle videoriprese dell’associazione Libera nei confronti dei testimoni che prestano consenso. E poi la richiesta di uno dei difensori, l’avvocato Piermario Morra, alla citazione come testimone dell’ex sindaco Giovanni Borriero, in carica negli anni che hanno interessato i fatti oggetto del processo e che non compariva in alcuna lista testi.