Caso più unico che raro
Ha una “targa” astigiana uno dei casi giudiziari più unici che rari verificatosi a Torino nei giorni scorsi: il procuratore generale (il pm dell’Appello) che, in apertura del processo di secondo grado si alza e dichiara di non volerlo neppure iniziare in quanto, dagli atti, a suo giudizio emerge la totale infondatezza degli elementi di prova portati dal pm di primo grado che aveva invece proposto il ricorso a fronte dell’assoluzione dettata dal giudice di Asti.
Al centro di questa “rarità “giudiziaria vi è la società Magifer che insieme ad altri nove coimputati e tre società era finita nel mirino della Guardia di Finanza e poi della Procura per un giro di rottami ferrosi intermediati fra i “raccoglitori” e le acciaierie che li riutilizzavano negli altiforni per ottenere nuove barre d’acciaio.
Coinvolte Magifer e altre ditte
Davide Basso, legale rappresentante della Magifer e gli altri imputati erano accusati di aver creato una fitta rete di conferitori di rottami che finivano alle acciaierie senza essere stati debitamente bonificati e pretrattati come richiesto dalla legge. Insomma, quello che entrava nei forni, secondo l’accusa, erano rifiuti e non materia prima secondaria come consentito.
Al termine del complesso processo di primo grado al quale le difese degli imputati avevano chiamato a testimoniare anche alcuni responsabili di qualità delle acciaierie che ricevevano i rottami movimentati da Magifer e che avevano dichiarato di aver sempre ricevuto materiale di ottima qualità, il pm aveva chiesto la condanna per tutti gli imputati. Una richiesta non accolta dal giudice Chinaglia che aveva invece mandato tutti assolti con un’ampia motivazione.
Di qui la decisione del pm di Asti di ricorrere in Appello e il “colpo di scena” dei giorni scorsi con la rinuncia del procuratore generale a far proseguire il processo in secondo grado.
Le acciaierie hanno confermato il materiale di buona qualità
«Davide Basso e i suoi collaboratori – commentano l’avvocato Aldo Mirate e il collega Michele Peracino, difensori Magifer – sia durante l’indagine preliminare, sia in sede di udienza preliminare e poi di dibattimento avevano fermamente contestato l’assunto accusatorio. In particolare, al dibattimento avevano portato testi che dimostravano l’esistenza effettiva dei fornitori dai quali avevano reperito i rifiuti metallici, avevano indicato gli autisti delle varie ditte che avevano effettuato i trasporti e, soprattutto, avevano chiamato a deporre i titolari di importantissime acciaierie che avevano dichiarato di aver regolarmente ricevuto i rifiuti metallici e le materie prime secondarie. Rifiuti e materie che erano state regolarmente fatturate e puntualmente pagate in seguito al minuzioso controllo da parte dei propri incaricati».
Soddisfazione delle difese
Alla rinuncia del Procuratore generale è seguita a ruota la dichiarazione di inammissibilità dell’appello pronunciata dalla Corte.
«Esprimiamo la nostra piena soddisfazione per l’esito del processo – hanno concluso i due difensori – non senza sottolineare come l’intera vicenda abbia avuto un pesantissimo costo, soprattutto in termini di immagine per la Magifer srl e i suoi dirigenti, ingiustamente accusati di traffico illecito di rifiuti con possibili e potenziali riverberi anche nei rapporti con clienti e fornitori».
«Condividiamo la soddisfazione – è anche il commento dell’avvocato Marco Dapino che difendeva una delle società implicate – Il Procuratore generale ha confermato in pieno l’impianto difensivo sostenuto tenacemente fin dalle indagini».