Un grande lavoro gli investigatori lo hanno fatto per collegare Michele Buoninconti al luogo in cui è stato abbandonato il corpo di Elena. Un luogo, che, secondo l'accusa, Michele ha scelto con
Un grande lavoro gli investigatori lo hanno fatto per collegare Michele Buoninconti al luogo in cui è stato abbandonato il corpo di Elena. Un luogo, che, secondo l'accusa, Michele ha scelto con cura, sulla base soprattutto della vicinanza alla casa e delle sue competenze professionali, in qualità di Vigile del Fuoco, sulle ricerche di persone scomparse. Per molto tempo ci si è chiesti se quel tratto del canale fosse stato battuto dalle ricerche e, se sì, perchè non sia stato visto il corpo. La risposta arriva dagli atti. Non solo vi è un passaggio in cui emerge, dalla lettura dei Gps installati sui mezzi dei Vigili del Fuoco, che le ricerche si sono fermate ad alcuni metri dalle rive del rigagnolo, ma vi è anche la spiegazione del perchè non si è guardato dentro.
Presupponendo la ricerca di una persona in vita che si sposta a piedi, infatti, si escludono le zone boscose e ogni altra zona che, per eccesso di vegetazione fitta e spinosa, non può essere attraversata a piedi; in questi tratti, pertanto, si guarda lungo tutti i lati praticabili a piedi, ma non all'interno in quanto si presume che non sia possibile raggiungerle. Ma il vero collegamento con il canale lo fa lo stesso Michele. Solo che lo fa in un tempo molto sospetto. Fino alla scoperta dei resti di Elena, infatti, mai il marito fa cenno a quella precisa zona, dicendo genericamente che nella mattina della scomparsa della donna ha fatto qualche ricerca nelle stradine intorno a casa loro, sottolineando che mai la moglie si sarebbe allontanata da strade e piste battute e mai si sarebbe avventurata in aperta campagna, in mezzo ai campi.
Immediatamente dopo il rinvenimento nel rio Mersa comincia a fare un gran parlare di quella zona precisa come di una quelle battute da lui stesso la mattina della scomparsa. Lo fa con la madre di un compagno di scuola dei figli, al telefono e lo fa con la sorella di Elena: «Sono andato con la macchina al mattino presto e alla sera con la pila e con Danilo (il marito della sorella ndr). Possibile che non l'abbiamo vista! Sicuramente lei si è incamminata e vagava, vagava senza meta ed è caduta lì dentro, presa dal malore. Però la cosa strana è che io sono sceso dalla macchina e ho guardato se ci fossero delle impronte. Ho riconosciuto le impronte delle lepri però impronte dei piedi non ne ho viste». Ne parla con un collega ribadendo che lui era arrivato vicinissimo al punto in cui si trovava la moglie, anzi è stata la prima strada fatta in cerca della moglie e ricorda di aver infangato tutta la macchina, di averla "pacioccata" e di essere sceso avendo solo visto impronte di lepri. Peccato che tutti ricordino come fino a cinque giorni dopo la scomparsa di Elena il terreno fosse secco ed asciutto su tutta la valle.
Sempre in relazione al luogo del ritrovamento di Elena è particolarmente inquietante un episodio che risale al febbraio 2014, nemmeno un mese dopo la scomparsa della donna. Un collega, al telefono, suggerisce di intensificare i controlli in zone poco battute solo perchè non si conoscono bene, facendo specifico riferimento ai cespugli sul canale alla Chiappa, nella valle fra Isola e Motta. Praticamente il punto preciso che ha rappresentato la tomba di fango di Elena per nove mesi. La telefonata, intercettata, viene improvvisamente interrotta e, quando riprende, Michele tronca il discorso con il collega e la conclude sbrigativamente. Una coincidenza?