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Quegli "errori" che Buonincontinon è riuscito a spiegare
Cronaca

Quegli "errori" che Buoninconti
non è riuscito a spiegare

«Se avessi premeditato l'uccisione di mia moglie, come voi sostenete, sarei stato attento a non fare tutti quegli errori che avete scritto nell'ordine di arresto»: è la sintesi di una delle

«Se avessi premeditato l'uccisione di mia moglie, come voi sostenete, sarei stato attento a non fare tutti quegli errori che avete scritto nell'ordine di arresto»: è la sintesi di una delle risposte che Buoninconti ha dato al gip durante l'interrogatorio di garanzia avvenuto in carcere lunedì scorso al termine della sua ricostruzione della scomparsa della moglie, ribadendo che quella mattina la donna era in stato confusionale perchè in preda ai sensi di colpa per averlo tradito e che si è allontanata nuda da casa percorrendo a piedi la strada fino al rio dove è morta e dove è stata rinvenuta. Ma, al di là della malcelata arroganza contenuta in questa risposta, quali sono gli errori che gli investigatori imputano all'uomo a seguito degli accertamenti tecnici, dell'analisi dei tabulati telefonici, delle testimonianze e delle intercettazioni telefoniche ed ambientali cui è stato sottoposto per molti mesi?

L'allarme
La mattina del 24 gennaio l'uomo si assenta da casa per circa mezz'ora per portare a scuola i figli e quando vi fa rientro, non trovando la moglie, mette subito in allarme i vicini di casa e i parenti della donna. E quando si dice subito si parla di 12 minuti dopo il suo ritorno. Michele, infatti, torna alle 8,43 e alle 8,55 fa la prima telefonata alla vicina di casa per chiedere a lei se ha visto Elena. Poi ne fa una seconda (sempre sull'utenza fissa) agli altri vicini che non rispondono, così si reca direttamente da loro alle 9.08. Nel frattempo telefona allo zio di Elena a Govone (cosa mai fatta prima di quel giorno) per chiedere se la moglie fosse lì da lui. Considerando che la donna non aveva auto a disposizione, come poteva pensare che, a piedi, la donna potesse essere arrivata da Motta a Govone in mezz'ora?
Troppo solerte a dare l'allarme e, secondo l'accusa, troppo attento a dimostrarsi preoccupatissimo per la scomparsa della moglie a pochi minuti dal rientro.

Le telefonate
Sempre in quella prima mezz'ora dalla scoperta dell'assenza della moglie in casa, i tabulati telefonici rivelano che ha telefonato ai vicini di casa prima che al cellulare della donna, come sarebbe stato più logico fare. Prova a contattare il numero della donna solo alle 9.01 e poi alle 9.03. E lo fa mentre è in auto, in quel primo giro di ricerca nelle stradine intorno a via San Pancrazio, residenza della coppia. Per gli inquirenti quelle due telefonate e quelle avvenute al suo secondo rientro a casa non sarebbero state fatte per cercare di contattare la moglie, bensì per localizzare il suo cellulare, per paura di averlo perso nella concitazione dell'omicidio avvenuto, secondo la ricostruzione della Procura, nella loro abitazione mentre la donna si stava lavando.

Il viaggio a Govone
Nemmeno un'ora dopo la scomparsa di Elena, Michele attende ad un'incombenza che poteva benissimo essere tralasciata se davvero l'uomo fosse stato in ansia per la moglie. Invece, dopo aver messo in allarme i vicini di casa e lo suocero e dopo essersi già fatto vedere partire con l'auto per andare a fare una prima ricerca intorno a casa (e invece, per la Procura, essere andato a disfarsi del corpo senza vita della moglie), non trova niente di meglio da fare che andare a Govone per accendere la caldaia della casa dei genitori di Elena, così come d'abitudine in vista del fine settimana. Lì incontro quello zio Oreste che aveva già avvertito telefonicamente della scomparsa di Elena ma, di persona, non gliene parla più e non gli chiede se, nel frattempo avesse avuto sue notizie.

I vestiti
Un capitolo importante, quello dei vestiti, forse l'errore più grande. Difficile per tutti pensare che la donna si fosse denudata prima di uscire di casa, seppure in stato confusionale come raccontato da lui. Michele ha consegnato ai carabinieri un cambio di vestiti sporchi. Sulle calze e sui pantaloni i tecnici hanno rinvenuto del fango che, per composizione chimica, è perfettamente compatibile con il terreno dell'interno del canale e non è invece per nulla compatibile con il terreno del cortile della casa della coppia dove lui ha detto di averli rinvenuti. Il fango sarebbe stato trasferito, ancora umido, dalle mani di Michele agli indumenti e questo rappresenta uno dei punti fondanti a suo carico. Lui, nell'interrogatorio, ha detto di essere stato nei pressi del canale, quella mattina prima di andare dai carabinieri e quindi di essere venuto lì in contatto con il terriccio. Ma qui si parla di fango e per averlo "raccolto" dovrebbe essere sceso dentro il canale, visto che in quei giorni il terreno vicino alle sponde era asciutto.

Le intercettazioni
Il lungo monitoraggio dell'uomo e delle dinamiche di famiglia che si sono instaurate dopo la scomparsa della moglie, hanno consentito di tratteggiare bene il suo carattere e il suo profilo psicologico. Ma hanno permesso anche di raccogliere importanti affermazioni come quella, agghiacciante, fatta ai figli circa un mese prima del ritrovamento del corpo. Per convincerli ad uniformare i loro racconti verso una versione che non parlasse dei frequenti e recenti litigi fra i genitori, Buoninconti dice: «A non ascoltare il padre si fa la fine della madre …che non ha ascoltato il padre".

Daniela Peira

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