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Alluvione

Quella domenica di 28 anni fa quando mezza provincia si risvegliò nell’acqua

La distruzione e la ricostruzione. La solidarietà e la lentezza della risposta politica. La paura che tutto potesse ripetersi e la gigantesca opera di messa in sicurezza

Era una domenica anche allora, come oggi. Internet era agli albori, i social non esistevano, i telefoni cellulari erano ancora strumenti di comunicazione ad appannaggio di pochi. Così fu necessario svegliarsi, nemmeno troppo presto visto che era domenica, ed andare a fare colazione al bar o scendere in edicola per accorgersi che durante la notte era cambiata la storia di mezza provincia. Anzi, di mezzo Piemonte.

Esattamente 28 anni fa l’esondazione dei fiumi del Basso Piemonte ha provocato un’alluvione storica, mettendo in ginocchio centinaia di migliaia di famiglie.

Gli astigiani, quelli del capoluogo, quelli rimasti all’asciutto, il primo impatto con il disastro avvenuto nella notte lo hanno avuto affacciandosi dal fondo di piazza Alfieri, dalla scalinata su Campo del Palio: quello che fino alla sera prima era un grande parcheggio, era diventato una grande piscina con le auto che vi galleggiavano dentro. Di lì in avanti, verso Tanaro, era solo acqua. Sono comparse in centro barchette da pescatore, gommoni e i mezzi anfibi dei Vigili del Fuoco che in una incessante spola con la zona sud portavano in salvo le persone che per tutta la notte si erano abbarbicate ai piani alti dei condomini o delle cascine per salvarsi dalla furia dell’acqua.

Una notte terribile, per chi l’ha vissuta nel buio, nel freddo, nel rumore dell’acqua che non smetteva di arrivare e fermarsi, nel tenere d’occhio il livello in costante salita che invadeva garage, primi piani, giardini, aziende, capannoni, negozi, strade e continuava a salire, a salire.

Pioveva da giorni. Tanto, troppo. E pioveva su tutto l’asse del Tanaro, da monte a valle. Il sabato sera le prime esondazioni nel Cuneese, ma la notizia non arrivò mai in tempo nei territori a valle che avrebbero potuto prepararsi ad una evacuazione di massa. Nell’Astigiano la piena arrivò in piena notte: prima il Borbore che non riusciva a gettarsi in Tanaro perchè troppo alto e con una corrente troppo forte per poter accogliere altra acqua e poi il Belbo, nel sud della provincia e, via via, tutti i corsi d’acqua minore fino all’esondazione distruttiva.

Case, negozi, scuole, aziende, campi, strade, ponti: la forza dell’acqua non ha risparmiato nulla. Nemmeno le vite. Canelli ricorda la coppia rimasta intrappolata nella cantina nel tentativo di salvare dall’acqua ciò che vi era custodito, ma sono molti i decessi nei giorni successivi provocati dallo stress di quella notte e dalla desolazione rivelata dalle prime luci dell’alba.

In città ad Asti i primi a muoversi furono i salesiani del Don Bosco che allestirono in tempi record un punto di accoglienza per dare calore, ristoro e riposo a chi finalmente riusciva a fuggire dalla parte della città più colpita. Gente che aveva perso tutto e a cui rimanevano solo gli abiti, spesso pigiami, che indossava.

Poi il silenzio. Nei giorni immediatamente successivi, chi aveva vissuto quella tragica notte aveva ancora gli occhi sbarrati dalla paura e una pena nel cuore da non far dire loro una parola.

Danni incalcolabili, fra quelli diretti e quelli indotti. L’acqua finalmente defluita aveva lasciato dietro solo distruzione.

Ma gli alluvionati non furono lasciati soli. Fin dal lunedì cominciarono ad arrivare colonne di volontari, molti organizzati da associazioni di protezione civile, molti “liberi”. Quegli “angeli del fango” che fecero molto di più che spalare e ripulire: stettero vicino alle anime disperate che avevano perso tutto e che non avevano neppure la forza di pensare di ricominciare. Quei giovani, quegli alpini quelle massaie che si presentavano con pasti caldi pronti riscaldarono i cuori e rimisero in moto una macchina che, da allora, non si fermò più fino a quando tutto non fu ricostruito.

Quegli stessi “angeli del fango” che all’Adunata nazionale Alpini che si tenne ad Asti sei mesi dopo l’alluvione, sfilarono annunciati dal rumore che facevano i badili strisciati sulla strada.

Le zone alluvionate furono anche passerella continua di politici dell’epoca, dal presidente della Repubblica Scalfaro al Ministro dell’Interno Maroni; tutti a promettere che lo Stato non avrebbe lasciato solo il sud Piemonte. Tutti sappiamo che non andò proprio così.

La ricostruzione fu faticosissima e solo una congiuntura economica favorevole diede la possibilità alla maggior parte delle aziende colpite, di ripartire.

Ogni decreto legge, ogni regolamento di attuazione, ogni piccola concessione fu conquistata a suon di insistenze e di richieste continue. Tanto che, ancora oggi, quasi 30 anni dopo, sono ancora in piedi cause per i contributi sulla ricostruzione ad alcune aziende.

Perchè se il cuore dei volontari è stato grande, non altrettanto si può dire delle leggi che governavano all’epoca la ripartenza dopo una calamità naturale. E gli astigiani, tradizionalmente discreti e schivi, sono scesi in piazza più volte, hanno fatto cortei, fiaccolate, proteste plateali: dalla roulotte scassata e infangata piazzata davanti al Municipio dove per settimane si sono alternati a dormire gli esponenti dell’emergente Comitato Alluvionati, ai vari cortei in città di cui uno davanti alle banche con lancio di monetine in risposta alle concessioni di prestiti a singhiozzo nonostante i decreti legge ad hoc. Dalla grande manifestazione piemontese ad Alessandria al corteo astigiano in occasione dei fuochi di San Secondo, fino a quel Tanaro che tutto aveva portato via. E che vennero annullati.

Difficile, in un anno come questo che è già entrato nella storia come quello più siccitoso da secoli, ricordare la paura che un evento del genere potesse ripetersi, dell’urgenza di fare lavori di sicurezza sugli argini perchè anche quel po’ di protezione che esisteva era stata portava via dall’inondazione e i territori erano ancora più vulnerabili ad un’altra alluvione.

Negli anni gli argini sono stati rifatti, sono nate le casse di espansione, sono state ricollocate le aziende più a rischio, sono stati attivati protocolli di allerta molto più sofisticati ed efficienti.

Ma quel disastro non si dimentica. Non si deve dimenticare. La storia di Asti dal secondo Dopoguerra ad oggi si divide negli anni prima dell’alluvione e in quelli dopo l’alluvione.

Qui il video de La Nuova Provincia in occasione del 22.mo anniversario.

 

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