Cerca
Close this search box.
morenito
Cronaca

Storia di “Morenito”, da profugo ad “invisibile”

Un giovane del Bangladesh cui hanno negato lo status di rifugiato. E’ formalmente un clandestino, ma non ci sono neppure i soldi per rimpatriarlo. Si è fatto conoscere, sopravvive vendendo rose e in tanti gli vogliono bene

Tra coloro che son sospesi

Con il passare degli anni dall’inizio della “messa a regime” dell’accoglienza dei profughi, arrivano anche le storie di richiedenti asilo “diniegati” che da profughi diventano clandestini e subito dopo degli “invisibili” sul territorio italiano. Invisibili, ma non a coloro che, nei due anni in cui hanno beneficiato dei programmi di protezione umanitaria, hanno avuto modo di accoglierli, aiutarli, formarli, conoscerli.

Dalla comunità di accoglienza profughi Arborvitae di Asti arriva il racconto di uno di loro, originario del Bangladesh, 25 anni, che si trova, grazie al decreto Salvini “tra color che son sospesi”

Questa è la storia italiana di Morenito

«Non c’è nulla di poetico nella storia di questo ragazzo che ha tentato di fuggire dalla povertà per ritrovarsi in un limbo che rischia di diventare peggiore. Bocciata la sua richiesta di asilo politico per tre volte in Commissione per il riconoscimento di protezione internazionale. Rimpatrio? No. Non ci sono i soldi.
“Morenito” è rimasto inArborvitae per due anni, poi, il percorso per lui si è concluso. “Ha lavorato con noi con tirocini e progetti ed è proprio un bravo ragazzo – spiega il presidente di Arborvitae, Marco Burdese – non abbiamo più strumenti per proteggerlo. Per vivere, vende rose tra Asti, Alba e San Damiano. Avrebbe già un lavoro sicuro ad Asti presso un ristoratore, una richiesta scritta che vale solo nel caso che riuscisse ad ottenere i documenti. Sono solo i primi effetti di un incentivo alla clandestinità che vogliamo evitare”.

Sono scappato perchè guadagnavo 120 euro al mese

“Sono scappato dalla povertà e, arrivando in Libia ho subito cercato un lavoro per mandare soldi a casa, le spese sono tante. Facevo contenitori di cartone, dalle sette del mattino all’una di notte mi pagavano 400 dinari al mese (circa 120 euro). C’era la guerra e la situazione era molto dura, in strada eravamo minacciati con le armi, ci picchiavano e ci rubavano soldi”.

In Libia con volo di linea del regime

Lui in Libia era arrivato con un volo di linea: il regime mandava a prendere la manodopera legalmente al suo paese, il viaggio era pagato. Poi la guerra fratricida lo ha costretto alla fuga e Morenito è stato obbligato a salire su un barcone per approdare in Italia, la Croce Rossa lo ha portato a San Damiano, dove ha imparato l’italiano, ha lavorato con due tirocini formativi presso un albergo ristorante nel centro di Asti, lo stesso che lo avrebbe tenuto stretto: ma adesso che ne sarà di lui?

A San Damiano gli vogliono bene

A San Damiano tutti gli vogliono bene, una signora gli tiene i fiori al fresco, ha molti amici ma tutti vivono nell’impotenza della situazione che si è venuta a creare.
Qualche giorno fa mentre con la sua bici andava ad Alba per vendere le sue rose e regalare un sorriso è stato investito e ora “la testa mi fa ancora male e ho preso la multa perché il fanalino era rosso e non bianco”.
“Come possiamo aiutarlo? – conclude Burdese – ci sentiamo impotenti, la nostra mission è aiutare i più deboli, in questo caso diventa impossibile”.

Condividi:

Facebook
Twitter
WhatsApp

Le principali notizie di Asti e provincia direttamente su WhatsApp. Iscriviti al canale gratuito de La Nuova Provincia cliccando sul seguente link

Edizione digitale