12 minuti: sarebbero bastati solo 12 minuti a Michele Buoninconti per tornare a casa dopo aver portato i figli a scuola, uccidere la moglie, spogliarla e caricarla su una delle auto della famiglia per
12 minuti: sarebbero bastati solo 12 minuti a Michele Buoninconti per tornare a casa dopo aver portato i figli a scuola, uccidere la moglie, spogliarla e caricarla su una delle auto della famiglia per andare poi a scaricarla nel vicino rio Mersa. E' uno dei dettagli che emerge dalla corposa ordinanza di custodia cautelare che ieri ha portato all'arresto dell'uomo per l'omicidio della moglie. E il breve tempo impiegato per ucciderla (per asfissia secondo l'ipotesi accusatoria) è solo uno degli elementi che avvalorano la tesi della premeditazione del delitto.
MOVENTE
Sicuramente si tratta di un movente da ascrivere alla categoria "passionale" e che affonda le radici nella crisi matrimoniale che intercorreva fra i due coniugi. Una crisi che aveva vissuto il suo momento più acuto nell'ottobre del 2013 e che a gennaio 2014 sembrava rientrata grazie al comportamento sottomesso che la donna aveva di nuovo riacquistato. Ma il marito non era tranquillo, aveva vissuto la perdita di controllo della moglie e la preoccupazione che potesse emergere all'esterno un modello diverso da quello costruito della propria famiglia, aveva innescato un profondo risentimento in Michele. In alcune intercettazioni l'uomo usa termini come "raddrizzare" riferite direttamente alla donna e al suo comportamento.
CAUSA DELLA MORTE
E' forse il capitolo più lungo dell'ordinanza. Ed è organizzato con un ragionamento "ad esclusione". Gli inquirenti, infatti, prendendo atto che dall'esame di ciò che restava del corpo altamente decomposto non era possibile arrivare ad una causa certa, hanno fatto un singolare e complesso lavoro a ritroso. Non poteva essere morta per annegamento perchè c'era troppa poca acqua nel rio Mersa. Non poteva essere morta per assideramento perchè non poteva essere arrivata lì da casa sua nuda, scalza e senza occhiali, indispensabili per il suo grave deficit visivo. Non poteva essere caduta accidentalmente nel rio perchè, tenendo presente che non sarebbe riuscita neppure ad arrivare lì nelle condizioni ipotizzate dal marito, la posizione del corpo e della vegetazione che la ricopriva non giustificava tale fine. Non poteva essere stata rapita da qualcuno perchè non vi era alcun elemento (nè avvistamenti, nè contatti telefonici immediati e precedenti) che potessero far pensare a ciò. E poi, quale rapitore l'avrebbe spogliata e avrebbe ripiegato i vestiti prima di portarla via perdendo così inutilmente del tempo? Non si era suicidata nel canale perchè era un metodo illogico, sempre vista la scarsità d'acqua presente e perchè non si trovava in condizioni mentali tali da giustificare un gesto anticonservativo. Non era stata avvelenata nè intossicata, come dimostrato dagli esiti autoptici. Non vi erano lesioni traumatiche, nè segni di accoltellamento sulle ossa scheletrizzate, nè segni di fori di arma da sparo. Dunque, per esclusione, l'unica ipotesi di morte compatibile con il contesto è stata individuata nell'asfissia ad opera di una seconda persona. E Michele è l'unica persona con la quale Elena è entrata in contatto quel mattino.
DEPISTAGGIO
Tante le cose dette e fatte da Michele per sviare da sè i sospetti. Intanto il fatto che pochi minuti dopo le 9, a un quarto d'ora dal rientro a casa, avesse già allertato telefonicamente i vicini per sapere se avessero visto la moglie, dimostrandosi già fortemente in ansia per la sua assenza. E solo dopo aver chiamato loro (e solo sull'utenza fissa, per capire se qualcuno potesse aver visto qualcosa) cerca la moglie sul cellulare. Chiama anche uno zio della donna (che non cercava mai) per dimostrarsi preoccupato per la scomparsa della moglie. Non abbastanza preoccupato però da andare fino a Govone ad accendere la caldaia della casa dello suocero. Per gli inquirenti quello è stato un tentativo di spostare la sua presenza dal luogo dell'occultamento del cadavere. Stesso scopo di procurarsi un alibi sarebbe stato il suo primo giro di perlustrazione (che è stato anche quello durante il quale, secondo l'accusa, ha scaricato il cadavere della moglie). Rientra nei suoi tentativi di depistaggi il passaggio sotto le telecamere del paese per dimostrare i suoi spostamenti, parlare dei pozzi censiti ai colleghi impegnati nelle ricerche della moglie, insinuare responsabilità a carico di terze persone, chiudere bruscamente una telefonata in cui un collega suggerisce di andare a cercare proprio nel punto in cui Elena è nascosta.
I VESTITI
E' stato il particolare più curioso fin dal giorno della scomparsa: quella dichiarazione di Michele di aver rinvenuto gli abiti della moglie piegati in cortile. Proprio quegli indumenti sono stati oggetto di un'attentissima analisi che ha portato ad un risultato sorprendente e fra i più determinanti a supporto della tesi accusatoria: sui pantaloni e su una delle calze appartenute ad Elena e consegnate da Michele ai carabinieri, vi erano tracce di un terriccio altamente compatibile con i terreni dell'area vicino al rio ma non compatibile con il terreno del cortile della casa dove lui dice di averli rinvenuti. Porzioni molto piccole di terriccio sicuramente sotto forma di fango. Ora, considerato anche che da giorni non pioveva, per gli investigatori quel fango è stato trasferito ai vestiti dall'uomo subito dopo essere tornato dal rio dove aveva nascosto il corpo e dove, per farlo, era sceso nell'acqua.
GLI AVVOCATI
«E' un momento molto delicato» il commento degli avvocati Chiara Girola e Alberto Masoero all'arresto di Buoninconti. «La nostra linea difensiva sarà quella adottata finora e si basa su accertamenti tecnici e scientifici che, iniziati mercoledì, proseguiranno nei prossimi giorni. Quello che ci pare decisamente eccessiva ad un anno di distanza dai fatti, è la misura di custodia cautelare per il rischio di reiterazione di reato».
Daniela Peira