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Cronaca
Motivazioni

Tribunale di Asti: “Carafa forzò le regole per garantire i servizi nei piccoli Comuni”

E’ nelle pagine delle motivazioni la ragione che ha portato i giudici ad assolvere il segretario comunale indagato per irregolarità nei cantieri di lavoro

La sentenza è del 23 maggio e quell’assoluzione su tutta la linea del segretario comunale Vincenzo Carafa da parte dei giudici Chinaglia, Bertelli Motta e Dematteis, aveva già anticipato la loro lettura di tutta quella vicenda giudiziaria.
Carafa, noto segretario comunale di numerosi Comuni astigiani, era finito sotto processo per due filoni di accuse. La prima riguardava le assunzioni di disoccupati in cantieri di lavoro di Comuni e unioni collinari sotto la sua responsabilità gestionale; la seconda invece tocca la sua grande passione, il rugby, e gli veniva contestato di aver fatto pressioni su alcune società affinchè sponsorizzassero la società di Rugby di cui era dirigente a fronte di assegnazione di appalti.
E per questo secondo capo di accusa era imputato in concorso con gli amministratori di tali società i quali hanno però dato convincenti spiegazioni sulle loro scelte di sponsorizzazione e sono stati anche loro tutti assolti.
Ma è su quella assunzioni irregolari che i giudici hanno scritto motivazioni che dovrebbero spingere a profonde riflessioni tutti i responsabili della gestione delle risorse pubbliche.
In più punti, infatti, i giudici evidenziano la palese violazione delle norme che regolano l’assunzione di disoccupati nei cantieri di lavoro a tempo determinato. Quella più ricorrente addebitata a Carafa è stata l’assegnazione di lavoro agli stessi “cantieristi” senza rispettare lo stop di 12 mesi previsto dalla legge.
Ma i giudici vanno ben oltre.
Intanto sottolineando che ogni condotta irregolare contestata al solo Carafa era fondata su atti amministrativi firmati dalle giunte comunali, quindi sottoscritti da più persone.
E poi il “cuore” dell’assoluzione.
«Carafa ha forzato la regola consentendo l’assunzione senza il rispetto dello stop dei 12 mesi, (come da lui stesso ammesso in aula quando è stato interrogato dal suo difensore Pierpaolo Berardi n.d.r.) ma al solo fine di consentire ai Comuni di poter garantire i servizi, consentire alle persone disoccupate di poter avere un’occupazione seppure temporanea e tutto ciò perchè era quella l’unica strada per consentire lo svolgimento dei servizi stante l’impossibilità di assunzione di nuovo personale». Perchè, come ricordato nelle motivazioni, il periodo di contestazione coincide proprio con quello del blocco assoluto delle assunzioni con il rischio di paralizzare i servizi che ogni amministrazione è tenuta a dare ai suoi cittadini.
In un altro passaggio delle motivazioni, poi, i giudici riportano quello spiegato dall’imputato in aula e non smentito da testimoni.
Ovvero che i Comuni facenti parte dell’Unione Tra Langhe e Monferrato di cui Carafa era segretario, proprio per garantire le manutenzioni del territorio, dei fabbricati e delle infrastrutture, avevano creato un gruppo di lavoro mettendo in condivisione anche le attrezzature e le varie professionalità con l’aggiunta fondamentale dei “cantieristi”. Questo sistema, oltre a garantire lavoro ai disoccupati, ha anche consentito all’Unione di non dover ricorrere a contoterzisti risparmiando circa 300 mila euro l’anno.
Dunque la violazione delle regole è pacifica, ma non basta per arrivare ad una condanna per reati di abuso di ufficio e di truffa ai danni della Regione (che erogava i fondi per pagare gli assunti nei cantieri di lavoro).
L’abuso di ufficio non esiste perchè non risulta che vi sia stato qualcuno escluso dai cantieri per far preferenza ad altri. Anzi, in più testimonianze emerge che il ricorso agli stessi lavoratori per i cantieri di lavoro anche se non vi era stato lo stop dei 12 mesi dal contratto precedente, era stato dettato anche dalla scarsità di disoccupati che facevano domanda per quell’impiego.
Non esiste il reato di truffa alla Regione, perchè i cantieristi avevano tutti i requisiti per quel tipo di assunzione e nei casi sollevati di discordanza fra ore effettivamente lavorate e quelle rendicontate alla Regione, i giudici hanno concluso che si è trattato semplicemente di mero errore di trascrizione, non di volontà di creare un danno alle casse regionali.

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