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Cronaca
Tribunale di Asti

Villanova d’Asti: chiesti 8 anni di carcere per il presunto “capo usuraio” ai danni dell’ex parlamentare Fogliato

Processo alle battute finali. Il pm ha fatto la sua requisitoria chiedendo la condanna. In aula anche l’ex politico oggi imprenditore agricolo che ha sporto denuncia

Per il pm Masia non ci sono dubbi: Giovanni “Gianni” Tarsitano ha approfittato dello stato di bisogno dell’ex parlamentare villanovese Sebastiano Fogliato per prestargli denaro a tassi usurari e passando poi ad estorsioni e minacce per farseli restituire. E per questo va condannato ad 8 anni di carcere oltre a 4 mila euro di multa.

Queste le conclusioni che sono state presentate al collegio di giudici Giannone, Sparacino e Dunn alle ultime battute del processo scaturito da una denuncia dello stesso Fogliato dopo aver ricevuto delle minacce pesanti sulla sua vita.

«Ma le dichiarazioni della parte offesa sarebbero superflue – si è spinta a dire il pm – tanta è la mole di riscontri in termini di tabulati telefonici, intercettazioni, appostamenti, documentazione bancaria raccolta dalla Guardia di Finanza a riprova del fatto che Tarsitano e il suo gruppo erano pronti a tutto per prosciugare il patrimonio di Fogliato».

Un anno è durato l’inferno raccontato dall’imprenditore agricolo di Villanova che si era trovato improvvisamente in crisi di liquidità aziendale a causa di un momento difficile del mercato e delle forniture dei suoi ortaggi e con le banche ostili a concedergli altro credito.

Il pm Masia nella sua requisitoria ha fatto i “conti” di quei prestiti con una richiesta iniziale di 100 mila euro a fronte di   interessi del 13% mensile; cifre cui aggiungere i soldi per gli “intermediari” contattati da Fogliato.  I pagamenti erano richiesti prima in assegni firmati da Fogliato a garanzia della restituzione, poi cambiali e infine attraverso fatture spiccate da società di trasporto e logistica.

«Ma erano evidentemente tutti modi per ottenere il pagamento formalmente legale dei tassi usurari ed erano anche una leva per spingere Fogliato a pagare a fronte di presentazione di insoluti che avrebbero ulteriormente aggravato la sua posizione difficile di fronte a banche e centrali rischi» ha detto il pm.

Secondo le testimonianze, per la pubblica accusa era chiaro che il capo di questo gruppo che gravitava intorno a Fogliato per i prestiti usurai fosse Tarsitano, quel “Gianni” di cui l’imprenditore ha fin da subito sentito parlare come colui che finanziava il prestito.

Accanto a lui, ad un certo punto, è comparso Pietro Naso, che la procura indica come il “violento” del gruppo, quello che ha cominciato a fare pressioni per la restituzione di capitale e interessi.

Sempre Fogliato, nelle sue deposizioni, ha spiegato che con lui il gruppo adottava il metodo del bastone e della carota: da una parte i prestiti e dall’altra le minacce. Che però lo hanno spaventato, soprattutto quella che lo indusse a denunciare: «Se non paghi arriva un furgone, ti prendono, ti buttano vivo in un pozzo e non ti trova mai più nessuno».

In un’altra occasione hanno minacciato anche la sua famiglia e quando Fogliato ha risposto «La mia famiglia non è qui, è a Cuneo», Tarsitano gli avrebbe risposto «Ma noi ci siamo anche a Cuneo».

Inoltre la vicenda Fogliato è sovrapponibile, per estensione temporale e per modus operandi ad una molto simile che ha avuto come vittima un imprenditore torinese e per la quale Tarsitano è anche sotto processo a Torino.

Gli altri appartenenti al gruppo che hanno contattato a vario titolo Fogliato hanno già definito la loro posizione in rito abbreviato: Daniele D’Agrippino, Ivan Forlani, Salvatore Pantano e Pietro Naso, tutti condannati.

Tarsitano, difeso dall’avvocato Cosentino, ha sempre respinto le accuse di usura ed estorsione anche se non ha acconsentito a sottoporsi ad esame in aula né ha, finora, fornito spontanee dichiarazioni. L’unica sua versione dei fatti è contenuta in un interrogatorio che è stato acquisito.

Bisognerà attendere la prossima udienza di maggio per la prosecuzione del processo: parleranno l’avvocato di parte civile e i due difensori dell’imputato.

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