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A Camerano il riposo di Pellicodopo gli anni delle prigioni
Cultura e Spettacoli

A Camerano il riposo di Pellico
dopo gli anni delle prigioni

Una grande camera al primo piano, un piccolo scrittoio alla destra del letto in ferro battuto e due ampie finestre dove lasciar correre lo sguardo sulle colline e sul giardino interno alle mura del

Una grande camera al primo piano, un piccolo scrittoio alla destra del letto in ferro battuto e due ampie finestre dove lasciar correre lo sguardo sulle colline e sul giardino interno alle mura del Palazzo, dominato, al centro, dalla cisterna per la raccolta dell'acqua piovana. A distanza di quasi due secoli, poco o nulla è cambiato nella stanza in cui, si sussurra, i Balbo di Camerano Casasco avrebbero ospitato Silvio Pellico. Scarcerato da poco, era impegnato nella stesura delle sue memorie di patriota. Il testo fu pubblicato nel 1832 col titolo "Le mie prigioni", e ricostruiva le vicende dal suo arresto per l'attività carbonara nel 1820, prima ai Piombi di Venezia e poi nella fortezza dello Spilberg, in Moravia, e proseguiva fino al suo rilascio dieci anni dopo.

«Lasciato lo Spilberg in totale miseria, e prima di trasferirsi a Barolo, Silvio Pellico venne ospitato qui a Camerano Casasco dalla famiglia Balbo, amici di lunga data dello scrittore, e allora proprietari di Palazzo Balbo», spiega il sindaco Mauro Pelissero mentre ci accompagna nell'insolita visita. Entriamo da un ingresso laterale in quelle che, rivela, essere state le vecchie stalle del Palazzo, poi trasformate in abitazione dalla famiglia Parigi, ultimi proprietari dell'edificio. Costruito agli inizi del XVII secolo sulle rovine del castello di origine medievale, appartenne agli Asinari e fu distrutto dall'esercito francese. «Nei secoli successivi, il Palazzo è stato proprietà della famiglia Del Carretto, quindi dei Balbo, di cui è rimasto il nome, e del vescovo di Asti, che qui era solito soggiornare insieme ai seminaristi nel periodo estivo».

Il primo cittadino, in veste di guida, prosegue il suo racconto e ci fa strada attraverso stanze e corridoi di uno dei tre appartamenti privati in cui oggi è diviso il grande fabbricato in mattoni. Saliamo al primo piano. Ancora un corridoio, poi, dietro una pesante porta originaria del Seicento, un salone dai mobili scuri dà accesso alla camera da letto che, si presume, abbia ospitato lo scrittore. La moquette verde e oro è probabilmente di epoca successiva, ma i proprietari assicurano che gli arredi sono tutti originali degli anni Trenta dell'Ottocento, proprio il periodo in cui i Balbo ospitarono Silvio Pellico: il letto in ferro, la cassettiera, la piccola stufa rivestita da un cassettone in legno bianco intagliato e lo scrittoio, dove si immagina l'illustre ospite impegnato a scrivere le prime pagine della sua opera più celebre. «Chi fosse interessato a visitare la stanza appartenuta a Silvio Pellico non deve fare altro che telefonare in Municipio (0141.992153) e prenotarsi», invita il sindaco.

Marzia Barosso

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