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Teatro

Asti, il cortile del Michelerio ospita la “Maratona di New York” con Fiona May

Grande successo allo spettacolo che ha avuto per protagonista la grande atleta insieme a Luisa Cattaneo dirette da Andrea Bruno Savelli

Un cortile del Michelerio quasi al completo e nel rispetto delle distanze di sicurezza ha accolto venerdì sera, nell’ambito della rassegna “Edizione straordinaria: recuperiamo il teatro perduto”, lo spettacolo di Edoardo Erba “Maratona di New York”, interpretato da Luisa Cattaneo e Fiona May, con regia di Andrea Bruno Savelli. Un recupero atteso che non ha deluso, uno spettacolo strano e originale, uno dei testi teatrali contemporanei più rappresentati al mondo, un atto unico scritto da Edoardo Erba nel 1992, tradotto in quattordici lingue, messo in scena nelle più importanti città del mondo e che, anche ad Asti, ha incuriosito e tenuto gli spettatori col fiato sospeso fino all’inaspettato finale.

Un cortile del Michelerio che, per l’occasione, si è trasformato in una strada di campagna, in un percorso mimato da due tapis roulant dove Luisa Cattaneo e Fiona May, arrivate in una suggestiva nuvola di fumo, hanno corso per quasi un’ora in modo leggero e, apparentemente, senza fatica in quello che appare l’allenamento di due amiche per la famosa maratona di New York. Due amiche completamente diverse tra loro, una più forte e decisa l’altra, reduce da un’influenza, più insicura e debole unite, però, dalla corsa notturna e da discorsi che sono ricordi comuni, pensieri derivati dalla fatica, consigli e rimbrotti, stanchezza e sudore, lunghe falcate che diventano metafora della vita in una corsa verso quel finale inaspettato che stupisce e un po’ commuove.

Uno spettacolo che prima di tutto mette in risalto la preparazione fisica delle due attrici, che fa pensare a lunghi allenamenti per reggere la corsa e contemporaneamente la recitazione del testo, per quel fiato che non diventa mai “fiatone”, per quello scambio continuo di battute e frecciatine, di ironia e poesia che il pubblico ha seguito affascinato, con gli occhi puntati sui due tapis roulant sospesi nella notte di Palazzo Michelerio. Seduto tra il pubblico, in forma privata, anche l’assessore Gianfranco Imerito ha seguito quell’allenamento per una maratona che forse non ci sarà, che forse è solo un sogno o forse la giustificazione per una corsa altrimenti inutile e senza scopo; uno spettacolo dove il passaggio a livello, che rappresenta una tappa per le due podiste, non arriva mai o forse è già passato, dove il dolore alla milza di quella più forte provoca la caduta volontaria della più fragile per aiutare l’amica a riprendersi, dove stringere i denti davanti a tutto diventa un modo per dare un senso alla vita, per dimostrarle di essere più forti.

Un ritmo incalzante, scandito dal suono delle scarpette da ginnastica, a tratti unico protagonista, un battito che accompagna fino a quando le scarpe che colpiscono il terreno rimangono un paio solo “tac tac tac…” coperto da un lungo applauso finale che ha perdonato tutto, l’acustica non perfetta, l’italiano incerto di Fiona May e perfino il suo fisico. Statuario, splendido, incredibile.

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