È un libro di racconti «L’anima e il gelato» (Kellermann Editorr) di Antonio Catalano: «tanti – sorride l’artista – non so nemmeno io quanti»; una selezione di un anno e mezzo di brevi ma intense storie che Catalano scriveva settimanalmente per «La Stampa», immagini, emozioni, ricordi portati sulla carta.
«La difficoltà di stare entro determinate battute, – commenta Antonio Catalano – alla fine è stata una risorsa perché mi ha permesso di individuare idee che potessero essere racchiuse in una sola pagina». Storie che Catalano ha trovato nei discorsi delle persone, in determinate situazioni, nel quotidiano, nel banale, in uno sguardo, in una frase: «diciamo che ho raccolto dei materiali umani e da lì ho iniziato a scrivere, – spiega – è una sorta di diario sentimentale degli incontri che ho fatto». Un atto creativo diverso e complementare alla pittura o alla scultura, arti in cui Catalano eccelle; «la scrittura mi affascina molto – continua l’artista – e praticandola mi immergo in un mondo fantastico, alcune di queste storie sono state di ispirazione per attori perché io sono un narratore e quando scrivo immagino sempre di essere in scena». Racconti dunque, che hanno un ritmo teatrale, magici «ma una magia piccola, – sottolinea ancora Catalano – sottile, quasi normale, quotidiana appunto». La prefazione è di Vito Mancuso mentre, qua e là, tra le pagine del libro, a precedere i racconti vi sono introduzioni di «amici» come li ha definiti l’autore «Carlo Francesco Conti, ad esempio, – elenca Catalano – poi un teatrante, una pedagogista, Nino Ferrara e altri».
Racconti diversi, ma uniti da un fondo di verità come «Tommaso e il temporale», storia reale di un ragazzo scomparso in un lago o «Teodoro», che narra di un signore molto vecchio che Catalano conobbe tanti anni fa; ricordi che tornano, i fuochi d’artificio, dettagli che riemergono, storie malinconiche e divertenti come «La danza del colibrì», ambientata in una balera del Monferrato dove un uomo molto grasso ha una moglie molto magra e per amore, l’uomo grasso, ballando si trasforma in un colibrì; storie romantiche e bizzarre, «arrivate osservando un albero o una persona – aggiunge Antonio Catalano – o ascoltando altre storie, ispirazioni che non ho cercato io ma che sono arrivate così, che mi hanno trovato loro». Racconti strani come tante volte lo è la vita con un messaggio nascosto tra le parole «quello di imparare a curare lo sguardo per imparare a meravigliarsi anche delle piccole cose».
Tra i prossimi impegni di Antonio Catalano c’è in programma la pubblicazione di un altro libro con storie molto più lunghe mentre, in campo teatrale, un nuovo lavoro su San Francesco «Come foglie, come vento, come morbidi pani», che chiude la trilogia iniziata con «Il Vangelo raccontato da un Asino Patentato» e «Artabàn. La leggenda del quarto re mago», infine a dicembre e gennaio, una mostra di pittura e scultura a Bergamo Alta.