Su iniziata dell’amministrazione comunale di San Martino Alfieri si ricorda domenica con uno spettacolo teatrale la Giornata della Memoria. L’appuntamento si terrà alle 17 nella cornice della Confraternita dei Battuti e sarà presentato lo spettacolo “Guido suonava il violino”. “Liberamente tratto da un racconto di Nicoletta Fasano, direttrice dell’Israt, l’Istituto storico per la Resistenza di Asti, lo spettacolo è un monologo teatrale tutto al femminile, che si dipana come un racconto giallo e assume le misteriose atmosfere di un thriller a carattere storico”, anticipa Sara Mirra, consigliere comunale con delega alla Cultura, invitando a partecipare all’appuntamento.
Lo spettacolo, ad ingresso gratuito, è realizzato da Casa degli Alfieri, in collaborazione con l’Israt, tratto dal racconto “Un violino” di Nicoletta Fasano, scritto e diretto da Patrizia Camatel e con protagonista l’attrice Elena Formantici.
“Un vecchio violino entra prepotentemente nella quotidianità di una donna, ricercatrice di professione, costringendola ad abbandonare il suo rassicurante, scientifico metodo di indagine e chiedendole di dedicarsi ,anima e cuore, alla ricostruzione di una storia da salvare dall’oblio Quel violino uscito dalla polvere di una cantina pare dotato di volontà propria: stride, geme, chiama con veemenza e ottiene ascolto. E racconta la vicenda di una famiglia ebrea sfollata ad Asti al tempo delle leggi razziali e della guerra, con gli immancabili risvolti di sradicamento, discriminazione, deportazione. Attraverso un sofferto percorso di ricerca, specialmente dentro se stessa, la ricercatrice comprenderà che ritrovare il nome del proprietario del violino è affermare la sua esistenza: un atto di esistenza contro il sistema concentrazionario nazifascista, progettato per annientare, spersonalizzare. Una storia sulla Shoah, certamente, ma il nodo centrale qui non è il lager, piuttosto ciò che l’ha preceduto: la vita delle singole persone, con le loro gioie, miserie, speranze, scelte, legami. Cittadini italiani, perfettamente integrati nel tessuto sociale, da un giorno all’altro divenuti “senza Stato”, espulsi dalla loro patria senza avere colpe e senza ricevere spiegazioni, mandati alla morte senza fare rumore, se possibile”.