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Cultura e Spettacoli

Così Alfieri prendeva di mira
costumi privati e sociali italiani

“Il divorzio”, ultima commedia del grande astigiano, in scena stasera all’Alfieri con la regia di Beppe Navello e le scene di Francesco Fassone. Racconta la vicenda di due famiglie che cercano di combinare un matrimonio di convenienza, ma la promessa sposa punta a un decrepito e danaroso vecchietto

Alfieri, un ritorno: giovedì alle 21 va in scena al Teatro Alfieri, per la stagione di prosa, “Il divorzio”, sesta ed ultima commedia del grande scrittore astigiano. “Il divorzio” viene allestito a cura del TPE, per la regia di Beppe Navello e le scene di Francesco Fassone. Sul palcoscenico dodici giovani formati nelle migliori scuole di recitazione italiane e nel laboratorio sul verso guidato da Beppe Navello nel 2011 e 2012: Daria-Pascal Attolini, Fabio Bisogni, Roberto Carrubba, Diego Casalis, Riccardo De Leo, Marcella Favilla, Fabrizio Martorelli, Alessandro Meringolo, Stefano Moretti, Alberto Onofrietti, Riccardo Ripani, Camillo Rossi Barattini.

I biglietti costano 18 euro per platea, barcacce e palchi, 15 euro loggione. La commedia “Il divorzio”, in endecasillabi sciolti, è stata scritta tra il 1800 e il 1803 ed è una divertita satira dei costumi privati e sociali italiani.  È la più lunga tra le opere teatrali di Alfieri, che scrisse: «Se non mi fossi allacciato di continuo scrivendola, coll’annotarne ed economizzarne i versi, tanta è la piena del ridicolo, che dà il soggetto, che in vece dei millesettecento versi, non mi sarei forse saziato di tre mila».
“Il divorzio” racconta una vicenda emblematica, di ieri come di oggi: due famiglie che cercano di combinare un matrimonio di convenienza di una coppia fatta da un ragazzo sciocco e una ragazza scaltra, la quale riuscirà a mandare a monte lo sposalizio non per puntare all’amore o alla libertà, ma per sposare un vecchio decrepito, danaroso e morituro; uno da sfruttare a proprio piacimento ancora meglio del giovane stupido.

Il padre di lei, preoccupato solo di non spendere in dote e cerimonia, s’adatterà all’affare, mentre la madre di lei finirà a propria volta imbrogliata dalla figlia che le ruberà l’amante e i favoriti. E Alfieri commenta: “O fetor de’ costumi Italicheschi,/ Che giustamente fanci esser l’obbrobrio/ Di Europa tutta”.  
“Sentire lo sdegno sarcastico di Alfieri – afferma il regista Beppe Navello – riproporlo al pubblico con la forza di un lessico esemplare per sobrietà e ricchezza espressiva, libera lo spirito costretto nelle poche centinaia di espressioni alle quali è definitivamente condannata la lingua italiana contemporanea; e travestire i suoi personaggi con i caratteri eterni della mediocrità patria, con i ceffi imperituri dell’impudenza sociale, della politica gaglioffa, dell’ambiguità morale ci fa capire che qualcosa di eterno e imperituro è all’origine della nostra secolare decadenza”.

Aldo Gamba

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