Cerca
Close this search box.
Elena: così ho fatto outing con il mio romanzo
Cultura e Spettacoli

Elena: così ho fatto outing con il mio romanzo

Elena si presenta al nostro appuntamento in perfetto orario. Montatura degli occhiali nera, grande e dalle linee morbide come va di moda. Vestita casual in jeans e stivaletti mi accoglie con un

Elena si presenta al nostro appuntamento in perfetto orario. Montatura degli occhiali nera, grande e dalle linee morbide come va di moda. Vestita casual in jeans e stivaletti mi accoglie con un sorriso solare che sembra rischiarare piazza Alfieri in questa mattina astigiana ancora un po' fredda ma che ormai abbraccia la primavera. Entriamo in un bar per sederci e consumare un caffè. Una piacevole cornice che offre lo spunto per conoscere la sua storia. La vita di questa studentessa canellese di 23 anni che sembra più grande della sua età e che pare voler affrontare la vita a testa alta con coraggio e determinazione ma con le labbra sempre piegate in un sorriso. Sedute al tavolino del bar aspettiamo i nostri caffè ed Elena comincia a raccontarmi del suo libro, dell'ultima presentazione tenuta a Tortona e dei riscontri del pubblico. Senza neanche chiederlo è lei a dirmi che la promozione sta andando bene.

«C'era molta gente e mi hanno fatto un sacco di domande. Per fortuna non ho fatto "scivoloni", o almeno credo – lo dice tutto d'un fiato, con la foga e l'entusiasmo di chi ha un carattere esuberante e aperto e non riesce a contenerlo – le vendite stanno andando bene, soprattutto su Canelli, la mia città. Non potrei essere più soddisfatta». Intraprendente e senza peli sulla lingua Elena mi spiega che è ricorsa al self-publishing, ossia che si è autoprodotta la sua opera dopo un lungo peregrinare tra le varie case editrici.

«Per i giovani scrittori è difficile avvicinarsi al mondo dell'editoria, senza contatti o sponsorizzazioni – ci spiega – bisogna cercare a lungo, chiedere e informarsi. Leggere attentamente i contratti e valutare le offerte degli editori. Mai scoraggiarsi ed essere i primi p.r. di noi stessi». Pensando alla trama del suo romanzo, il primo, le chiedo cosa l'ha spinta ad affrontare un tema complesso e delicato quale quello dell'omosessualità. La risposta è schietta: «Perché è un mondo che mi appartiene e che conosco bene. In realtà questo romanzo è nato come lettera d'amore per la mia compagna. Più andavo avanti con la stesura e più mi rendevo conto, però, che avevo molto altro da dire e da trasmettere al lettore. In breve quello che doveva essere un racconto autobiografico si è arricchito di elementi di fantasia. La storia di Mia e Amaranta».

All'inizio del suo romanzo la protagonista, Mia, è figlia unica e prima di incontrare Amaranta ha un fidanzato storico all'apparenza ideale. Mi chiedo quanto della vita di Elena ci sia in questa descrizione. Come sempre con questa giovane scrittrice, la sua risposta arriva diretta e accompagnata da una risata sincera. «Quando ero adolescente ho avuto qualche esperienza con i ragazzi. Ho avuto un fidanzatino per qualche mese. Mi piaceva, gli volevo bene ma non sentivo le "farfalle nello stomaco" e tutti gli elementi sintomatici dell'innamoramento. Ricordo che ho pensato: "Se questo è l'amore?beh?che delusione!». Intanto che al nostro tavolo arrivano i caffè, Elena mi spiega quando ha cominciato a rendersi conto della sua omosessualità.

«Verso i 16-17 anni mi accorsi di provare attrazione nei confronti di quelle ragazze che potevano rispecchiare il mio "tipo". Non ci badai troppo, a quei tempi l'amore fisico non mi interessava. Ricordo però che fu un periodo difficile. Non tanto perché dovevo accettare chi ero ma piuttosto perché dovevo arrivare a capirlo. Alla fine della scuola è stato tutto più chiaro perché nell'estate della maturità ho incontrato quella che è la mia compagna e con lei sono arrivate le "farfalle nello stomaco"». Una presa di coscienza che per Elena ha segnato la svolta e anche per la sua famiglia.

«Ricordo che quando decisi di dirlo a mia madre non ero preoccupata del suo rifiuto. Lei è una donna eccezionale che mi ha cresciuta da sola. Mi ha insegnato a rispettare ogni forma di amore e quindi sapevo che non mi avrebbe giudicata. Temevo però che potesse contestare il suo ruolo di genitore, chiedersi se la mia omosessualità potesse essere colpa sua, frutto di scelte educative sbagliate. Così non è stato. Ci siamo sedute, abbiamo parlato a cuore aperto e lei mi ha capita e accettata senza condizioni. In fondo non dovrebbe essere questo l'amore verso un figlio?». Dopo l'outing in famiglia è arrivato quello in società. Elena vive a Canelli, una realtà di provincia ben più piccola di quella romana e milanese da cui spesso arrivano tante notizie su episodi di omofobia.

Ma in questo la capitale delle Bollicine si è dimostrata all'avanguardia anche in termini di inclusione sociale. «Canelli è stata meravigliosa. Quando il libro è uscito, chi ancora aveva qualche dubbio sulla mia sessualità ha ricevuto la risposta che cercava e nessuno mi ha giudicata o è stato scortese con me. Anzi, i vecchi compagni di scuola, gli amici e gli insegnanti che ho avuto mi hanno manifestato supporto e incoraggiamento. Già prima del libro voci sul mio conto circolavano, eppure non sono mai stata oggetto di discriminazioni o di bullismo anche perché ho dato modo alla mia città di conoscermi come bambina, studente, educatrice nell'oratorio di Santa Chiara. Una persona con dei forti principi morali. Episodi spiacevoli non ne ho vissuti. Forse sono stata fortunata o forse quell'immagine arretrata che abbiamo dell'Italia, di un paese radicato sui pregiudizi e profondamente convenzionale, non corrisponde più alla realtà».

Un ottimo segnale che indica come la società stia cambiando in termini di tolleranza e di rispetto per l'altrui sessualità anche se Elena non si fa illusioni. «Ammetto che possano esserci realtà più complesse e meno idilliache della nostra, dove chi rivela la propria omosessualità rischia di incorrere in conseguenze spiacevoli in termini di discriminazioni. Su questo fronte abbiamo molto lavoro da fare perché è importante educare i cittadini al rispetto del "diverso", scrostare i vecchi pregiudizi parlando di questi temi. Con il mio romanzo spero di poter in parte contribuire alla causa». Nel cassetto Elena ha molti progetti per il futuro. Posa la tazzina con il caffè che stava sorseggiando e comincia a spiegarsi.

«Vorrei creare una sorta di associazione LGBTQ (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer) che fosse un punto di riferimento per la Valle Belbo. Nella nostra provincia ci sono molti ragazzi e ragazze omosessuali, più di quanto si creda – aggiunge con un sorriso malizioso – alcuni però hanno difficoltà a rivelarsi. Temono il rifiuto delle famiglie, di non essere accettati. Di solito l'errore più grande dei genitori è quello di sminuire la rivelazione del figlio con il classico atteggiamento del "massì, tanto è solo una fase. Passerà". Non è così e si rischia di provocare fratture nel rapporto. Allo stesso tempo, i ragazzi devono mettersi nei panni dei genitori. Rispettare il fatto che il proprio padre e la propria madre siano stati educati secondo modelli rigidi che non si adattano all'omosessualità. Ci vuole comprensione da entrambe le parti, tempo e rispetto reciproco. I genitori devono imparare a costruire una nuova immagine del proprio figlio/a. I ragazzi devono concedere il tempo necessario perché il genitore accetti questa nuova identità». L'efficacia del messaggio di Elena sta negli esempi chiari e semplici.

Quale che sia la domanda non si scompone e subito ripropone: «Ricordo la testimonianza di un padre con un figlio omosessuale. Spiegava che quando il ragazzo ha fatto coming out, lui come prima cosa è andato a modificare l'ordine delle foto del figlio appese in casa. Doveva cambiare, attraverso un gesto fisico, l'immagine che aveva di suo figlio. E' stato un gesto istintivo, dettato dal subconscio ma che spiega come dopo l'outing vada ricostruito un rapporto, sulla nuova identità del figlio. Un'identità sessuale che non pregiudica il successo del ragazzo. L'omosessualità non impedisce di essere un bravo figlio, un bravo studente e dopo un eccellente lavoratore. Capisco che alcuni genitori si spaventino perché temono invece per i propri ragazzi/e una vita in salita, fatta di pregiudizi e discriminazioni. Noi stiamo lavorando per cambiare le cose, per ottenere il riconoscimento di importanti e fondamentali diritti come il riconoscimento delle coppie di fatto. Siamo solo all'inizio ma il lavoro non ci spaventa».

Lucia Pignari

Condividi:

Facebook
Twitter
WhatsApp

Le principali notizie di Asti e provincia direttamente su WhatsApp. Iscriviti al canale gratuito de La Nuova Provincia cliccando sul seguente link

Scopri inoltre:

Edizione digitale