«Quanti conoscono l’impegno sociale e civile del cantautore Stevie Wonder, culminato con l’azione concreta per chiedere di istituire il Martin Luther King Day?».
E’ la domanda retorica che ha spinto il musicteller Federico Sacchi – astigiano residente a Torino, tra i soci fondatori di FuoriLuogo – a scrivere una trilogia di spettacoli dedicata al musicista americano. Un capitolo dei quali, intitolato “Costruire un sogno – Il Martin Luther King Day ha quarant’anni”, sarà proposto domenica 19 gennaio alle 21.30 al Diavolo Rosso di Asti, nell’ambito della rassegna “Sotto le stelle del jazz”, organizzata in collaborazione con l’associazione Obiettivo Monferrato e con il sostegno della Banca di Asti.
Federico, come è nato questo progetto?
Il progetto mi è stato commissionato alcuni anni fa dall’allora direttrice del Circolo dei lettori di Torino, Maurizia Rebora. Per metterlo a punto ho studiato sei mesi, scrivendo una trilogia lunga quattro ore e mezza, composta da tre capitoli tutti autoconclusivi, incentrata su uno dei musicisti più importanti della seconda metà del Novecento, al pari di Elton John, Miles Davis e Nirvana.
Il ruolo di Wonder per il Martin Luther King Day
Come definirebbe il suo spettacolo?
Un’esperienza di ascolto, un monologo teatrale che mette insieme storytelling, teatro, musica e video. E’, in sostanza, un “documentario dal vivo”, una divulgazione spettacolarizzata sulla musica in cui racconto una storia che in Italia non conosce praticamente nessno. Ovvero, parlo del Martin Luther King Day – festa federale americana che si celebra il terzo lunedì di gennaio, l’unica dedicata ad un afroamericano – ricordando che per la sua istituzione è stato decisivo il ruolo di Stevie Wonder. Oltre ad essere uno dei più grandi rivoluzionari della musica della seconda metà del Novecento, infatti, è stato anche uno dei più importanti attivisti sociali e politici del suo tempo tra gli afroamericani. In particolare appoggiò la proposta di legge del parlamentare John Conyers, che chiedeva di rendere il giorno della nascita di Martin Luther King, il 15 gennaio, festa nazionale. Una proposta avanzata nel 1968 in occasione della morte del pastore battista, rimasta bloccata al Congresso per anni fino a quando, grazie anche all’attivismo di Wonder, venne approvata nel 1983.
Nello specifico, il mio racconto parte dal 1974, quando Wonder era all’apice del successo e vinse per il secondo anno di fila il premio per il disco dell’anno nell’ambito dei Grammy Awards. Proseguo raccontando il suo percorso di crescita ulteriore, che nessuno avrebbe immaginato, con la pubblicazione del suo disco più famoso, “Songs in the key of life”, dall’enorme successo. A seguire, la crisi creativa e personale e la ripartenza su entrambi i fronti, passata appunto per l’impegno a favore della nuova festa federale.
Durante lo spettacolo si ascoltano ovviamente le canzoni di Wonder, i cui testi sono tradotti in simultanea all’ascolto. C’è una parte visual molto importante nel mio spettacolo.
Gli altri progetti
Quali altri progetti ha in cantiere per il 2025?
Ce ne sono tanti, ma va ancora mantenuto il riserbo. Posso solo anticipare il debutto di uno spettacolo a settembre, in cui salirò sul palco con un gruppo di affermati jazzisti. Lo spettacolo sarà dedicato ad un grande musicista e personaggio televisivo, Paolo Zavalloni (El Pasador). Compositore e arrangiatore, era stato pianista di Henghel Gualdi e Chet Becker. Tra i musicisti che mi accompagneranno anche la figlia di Zavalloni, Cristina.