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Reggio Felice Chet is back
Cultura e Spettacoli
Festival

Felice Reggio e Donatella Chiabrera raccontano con musica e parole la vita di Chet Baker

Mercoledì nella Sala Pastrone del Teatro Alfieri – L’evento sarà preceduto dalla presentazione del libro “Gramsci e il jazz” del giornalista Roberto Franchini

Nuovo appuntamento con il Festival AstiJazz, realizzato dal Comune in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo e inserito nel programma del prestigioso Torino Jazz Festival Piemonte.
Domani (mercoledì), alle 21.30 in Sala Pastrone, arriva “Chet is back (la magia della musica)” con il compositore e musicista jazz di fama internazionale Felice Reggio (tromba), astigiano, Max Gallo (chitarra), Stefano Profeta (contrabbasso), Donatella Chiabrera (voce recitante), cantante originaria di Acqui Terme ma residente a Sessame.
Il concerto nasce da un’idea di Felice Reggio: far conoscere il trombettista americano Chet Baker (1949 – 1988) nella sua interezza, non solo come per l’abilità e la sensibilità poetica in qualità di musicista, ma anche per diffondere lo spirito che animava la sua concezione estetica del jazz.
Reggio e Chiabrera, abbinando musica e racconto, celebreranno così il musicista, definito anche “poeta della tromba”, tra i personaggi più amati della storia del jazz per l’alone affascinante e drammatico della sua figura.
Biglietti: 12 euro (intero), 5 euro ridotto (abbonati della stagione teatrale, possessori Kor Card e tessera plus Biblioteca Astense, allievi Istituto Verdi, ragazzi sotto i 25 anni e ultra65enni).

La presentazione del libro “Gramsci e il jazz”

Il concerto sarà preceduto, domani alle 18 in Sala Pastrone, dalla presentazione del libro “Gramsci e il jazz” del giornalista, scrittore e saggista Roberto Franchini (Bibliotheka).
Nel libro si racconta come, negli anni Venti, la musica jazz sia irrotta come un ciclone nel ritmo compassato della vecchia Europa, abituata a ruotare a passo di valzer. Quella sinfonia dell’irrequietezza si presenta agli osservatori e ai critici come un’orgia di suoni e di movimenti, di evasione e di irrazionalità. Il politico Antonio Gramsci, che dedica al jazz solo due appunti occasionali, sembra tuttavia intuirlo perfettamente: teme che finisca per prevalere una cultura elementare e ripetitiva, poco incline alla riflessione, capace di impadronirsi del corpo prima ancora che della mente. Teme una società massificata dove il jazz si intreccia con le fabbriche tayloristiche e le città americane popolate di grattacieli.
L’incontro è ad ingresso libero.

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