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Porro Gianluigi
Cultura e Spettacoli
Intervista

Gianluigi Porro: “Grato di aver lavorato per la città”

Da domani in pensione il dirigente comunale dei settori Cultura e Manifestazioni. «Asti è molto ricca di eventi. In futuro dovrà puntare sulla capacità di “vivere” i festival»

Nel suo ufficio ha la locandina di uno spettacolo del 1975. Intitolato “Un pezzo di legno morto bambino”, lo ha visto per la prima volta entrare al Teatro Alfieri per recitare sul palco. Lo stesso teatro che ha diretto negli ultimi 12 anni e che, oggi, saluterà per andare in pensione.
Parliamo di Gianluigi Porro, dirigente dei settori Cultura, Manifestazioni e Ricerca finanziamenti del Comune di Asti, in procinto di terminare una lunga carriera che, come ama sottolineare, gli ha consentito «di lavorare per la città».
Come ha cominciato?
«Un po’ per caso. Laureato in Giurisprudenza, dopo aver fatto pratica legale ho deciso di dare il concorso comunale nel 1975. L’ho vinto e ho cominciato a lavorare, ma sempre “guardandomi attorno” per capire veramente cosa volevo fare nella vita. Via via ho scoperto che impegnarsi per la città dava grandi soddisfazioni, per cui ho continuato».
Quali ruoli ha svolto?
«Ho cominciato nel settore Organizzazione del personale, poi sono stato dirigente del Centro elaborazione dati, nato in quegli anni, cominciando ad affiancare, dall’inizio degli anni Novanta, l’organizzazione di manifestazioni ed eventi, ma senza responsabilità dirigenziale. E subito ho notato che ero portato a farlo e che mi piaceva molto. Nel frattempo, nel 1992, sono stato responsabile delle Politiche giovanili, per poi ricoprire diversi altri incarichi e assumere il ruolo di dirigente del settore Manifestazioni nel 1995 e, dal 2009, di direttore del Teatro Alfieri e direttore organizzativo del festival AstiTeatro. Basti pensare che quella attuale è la mia 13esima Amministrazione comunale di riferimento».

Gli eventi

Quale manifestazione sente più sua?
«Sicuramente Astimusica, che ho diretto per 25 anni, nata dalla proposta di realizzare un festival musicale che avevo avanzato all’allora assessore alla Cultura, Laurana Lajolo. Siccome l’idea le era piaciuta molto, abbiamo cominciato a pensare con chi potevamo progettarlo. Ci è subito venuto in mente Massimo Cotto (attuale direttore artistico del festival, ndr), giornalista e critico musicale astigiano emergente in quegli anni. L’idea era quella di organizzare un festival organizzato dal Comune, quindi con un significativo rapporto con la città. Con Cotto abbiamo quindi fissato quelle regole che sono in auge ancora adesso: un evento di qualità, non tematico ma aperto ai diversi generi musicali, con metà degli appuntamenti gratuiti per favorire l’occasione di incontro in piazza.
Poi penso con affetto anche ad AstiTeatro, che mi sono trovato a dirigere ricordando con emozione quando, da studente universitario, facevo la maschera durante le serate. E, anche se non è un evento, sono molto contento di essermi occupato dell’apertura del Centro giovani. Poi potrei continuare…».
Dica pure…
«Sono fiero di aver contribuito alla nascita e alla crescita di tre luoghi culturali – ovvero Diavolo Rosso, Spazio Kor e FuoriLuogo – e di aver preso parte ad altri eventi sporadici, come le due adunate degli Alpini.
In generale, quindi, mi è piaciuto molto lavorare in un Comune che gestisce direttamente molte manifestazioni, oltre allo stesso Teatro Alfieri. Dà la sensazione di impegnarsi per la città, di dover rendere conto ai cittadini del proprio lavoro. Mi ha sempre esaltato, ad esempio, l’idea che Asti mi ha lasciato pro tempore un teatro da custodire bene. Se il meccanismo professionale può essere lo stesso del direttore di un teatro privato, la motivazione è unica e intrigante».

Il teatro

A proposito di Teatro Alfieri, qual è la stagione teatrale maggiormente riuscita secondo lei?
«Penso le ultime tre. Basti pensare che in quella 2019/2020, interrotta a marzo a causa della pandemia, eravamo arrivati a 12mila biglietti venduti, con la previsione di arrivare a 15mila se non fosse arrivato il Covid».
E, con il virus, le complicazioni…
«Sì, è stato molto difficile spostare e rinviare gli ultimi spettacoli delle Stagione 2019/2020. Complicatissima poi quella di quest’anno, che ho già spostato e rimodulato sei volte e che, nonostante tutto, rimarrà “sulla carta” causa pandemia (alcuni degli spettacoli verranno riprogrammati a fine giugno in “Aspettando AstiTeatro”, mentre altri potrebbero essere ospitati nella prossima stagione, ndr). Un vero peccato, perché dagli Astigiani avevamo ricevuto un ottimo segnale di fiducia a livello di prenotazioni».

Asti città festival

Asti è una città ricca di eventi culturali. Perché l’Amministrazione, sotto l’assessore Massimo Cotto, aveva sentito l’esigenza di realizzare manifesti per ricordarlo ai cittadini?
«Io sono una persona che perde la pazienza raramente. Però mi arrabbio quando sento pronunciare la frase “Tanto ad Asti non c’è mai niente. Invece ad Alba e Alessandria…». E questo perché, oggettivamente, Asti è ricca di manifestazioni durante tutto l’arco dell’anno, con una programmazione dieci volte superiore a quella di Alba, per esempio. Non so, forse è perché la comunicazione non arriva a tutti. Oppure per la mentalità diffusa di denigrazione di ciò che si ha. Come dice il proverbio, “L’erba del vicino…”».
Quali obiettivi si deve ancora porre, a livello culturale, la città?
«Sicuramente non deve smettere di credere nelle sue eccellenze, ma al contempo deve continuare ad innovarsi. Guai a rimanere fermi. Tra i principali obiettivi, sicuramente, quello di sfruttare maggiormente la sua struttura urbanistica, fatta da una miriade di suggestivi cortili e piazze che si intrecciano ad un ricco patrimonio storico e architettonico, per intersecarsi con i festival che ospita e identificarsi con l’amato slogan “Asti città festival”. In quest’ottica, l’area dell’ex Casermone sarebbe perfetta per diventare il nostro “quartiere latino”.
Poi si potrebbe realizzare un teatro all’aperto presso le Antiche mura. Una proposta inserita nel recente progetto del Recovery Fund che potrebbe alimentare nuova progettualità culturale, dando spazio ai giovani. Infine, siccome Asti deve “comportarsi” da città turistica, dovrebbe ospitare un ostello per giovani e famiglie, volano per un’ospitalità diversa rispetto a quella tradizionale».
Concludendo… da domani in pensione. Cosa farà?
«Il primo giorno darò il bianco ad una stanza di casa. A parte questo, non lo so. Ci penserò. Di sicuro non “rientrerò dalla finestra” con incarichi di consulenza. Il mio lavoro per il Comune di Asti è un capitolo che si chiuderà. E in cuor mio non smetterò mai di essere grato di aver potuto lavorare per la città nell’ambito delle manifestazioni e della cultura. Un settore molto interessante che, tra l’altro, mi coinvolge anche nel tempo libero, come attore (prima del Teatro Mago povero – Collettivo Gramsci, poi della compagnia Brofferio) e come musicista dei Fiati pesanti».

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