E’ stata inaugurata oggi pomeriggio, nei locali del Museo Alfieriano, la mostra “Alfieri revisited”, esposizione di oltre 30 serigrafie – tratte da fotografie di scena e incisioni con ritratti di Alfieri – firmate dall’artista americano Daniel Rineer. Promossa dalla Fondazione Centro di studi alfieriani, rappresenta un tentativo di dialogo fra arte del passato e del presente.
Il progetto
Ad illustrare il percorso espositivo, che si snoda lungo le sale della casa natale dell’illustre poeta astigiano, il presidente della Fondazione, Enrico Mattioda, affiancato dalla direttrice Carla Forno, alla presenza dell’artista. “Questa mostra – ha spiegato Mattioda – è una proposta nuova che sono riuscito a realizzare in pochi mesi, e di cui vado orgoglioso, grazie alla collaborazione delle istituzioni e delle associazioni astigiane. Spero che non sarà l’unica durante il mio mandato”.
Una sinergia in cui crede anche il presidente della Fondazione Asti Musei, Mario Sacco, che ha accennato ad un “importante investimento da mettere a punto con la Fondazione Centro di studi alfieriani in vista dell’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che il 23 maggio si recherà in visita a Palazzo Alfieri”.
Ha poi preso la parola Daniel Rineer. “E’ un grandissimo onore – ha affermato – essere qui con questa mostra nella ricca storia di un Paese così sorprendente come l’Italia e di una città così affascinante come Asti. Esplorare gli archivi di Alfieri mi ha consentito di effettuare un viaggio che mi ha portato a conoscere le opere di Alfieri e le tragedie di Sofocle. Mi preme quindi ringraziare innanzitutto il presidente Mattioda per avermi invitato a comunicare la mia visione di Alfieri”.
Il percorso espositivo
Il presidente Mattioda ha quindi svolto il ruolo di guida nel percorso espositivo. “Daniel Rineer – ha precisato – è abituato a partire, per le sue creazioni, da immagini preesistenti. In questo caso gli abbiamo proposto immagini alfieriane (essenzialmente ritratti) e del teatro alfieriano (tratte ad esempio dall’“Ottavia”, come dimostra la locandina della mostra, ndr)”.
“Nel primo caso – ha continuato – va ricordato che Alfieri è stato forse il primo grande scrittore italiano a comprendere l’importanza di creare una tradizione visiva del suo personaggio. Dopo aver rifiutato la carriera militare e aver bruciato quella diplomatica in seguito allo scandalo londinese, diventa scrittore e ha bisogno di farsi conoscere all’esterno, non solo attraverso le opere ma anche con le immagini. Tuttavia da questa produzione settecentesca la generazione risorgimentale lo monumentalizza, creando un ostacolo nell’avvicinamento delle generazioni successive alla sua figura. L’interpretazione letteraria dei testi di Alfieri, infatti, non è mai cessata, ma l’interpretazione iconografica è stata ingessata. Basti pensare che ad inizio Novecento Guido Gozzano inseriva il busto di Alfieri tra “le buone cose di pessimo gusto”, in una galleria del Kitsch che comprendeva pappagalli impagliati, fiori sottovetro, orologi a cucù”.
La sfida di questa mostra, quindi, è rinnovare l’immaginario visivo di Alfieri. “Rineer, ad esempio – ha indicato – ha creato una serigrafia che potrebbe diventare il nuovo logo della nostra fondazione: una composizione che comprende la scritta, una elaborazione dello stemma della famiglia Alfieri, una sorta di collage della scritta e la rappresentazione degli occhi di Alfieri a partire da un ritratto ottocentesco”.
Il dialogo con gli arredi e le stanze
Il percorso comprende numerose altre serigrafie, oltre a video e stendardi, che dialogano con le sale e gli oggetti del museo, per affinità o per contrasto. “In queste sale – ha continuato Mattioda – le serigrafie di Rineer acquistano un altro significato, vengono in qualche modo aumentate di senso nel confronto, nel dialogo con gli arredi del palazzo e le opere in esso contenute. Ad esempio, il ritratto originale di François Xavier Fabre è stato restituito, grazie alle serigrafie, in modo meno solenne. Questo tentativo, posto all’interno del palazzo, pone il visitatore di fronte ad un’alternanza tra due temi tipicamente alfieriani: la costruzione dell’Io, grazie a quel capolavoro dell’autobiografia moderna che è “La Vita”, e i fantasmi della psiche del poeta, che sembra abbiano avuto origine in queste stanze”.
Esempio significativo del secondo caso, la stanza natale di Alfieri. “Qui – ha sottolineato – colpiscono due elementi: il letto a baldacchino, per la sua imponenza, e il lugubre ritratto della madre, che è un correlativo dell’immagine tramandata da Alfieri. Nella “Vita” il poeta non ricorda un solo gesto di tenerezza e affetto da parte sua, cosa che segnò il loro rapporto. Così abbiamo voluto avanzare una provocazione. Davanti al letto dove forse Alfieri è stato partorito, abbiamo voluto collocare una serigrafia tratta da una rappresentazione teatrale dell’’“Oreste” (tragedia mitologica scritta da Alfieri nel 1783), dove l’eroe uccide la madre”.
Ingressi
La mostra è stata allestita con il contributo del giovane architetto Giancarlo Cazzin e la collaborazione di Andrea Rocco, Renato Meneghin e Maurizio Squassino. A collaborare anche Matteo Prasso e Giulia Lombardo (Servizio civile) e Matteo Decarolis (progetto di alternanza scuola – lavoro). E’ visitabile fino al 15 settembre a Palazzo Alfieri, in corso Alfieri 375 ad Asti, col biglietto d’ingresso al museo o lo Smart Ticket.
Per ulteriori informazioni: 0141/530403, 388/1640915.
Chi è Daniel Rineer
Daniel Rineer, classe 1981, vive a Torino dal 2019 dopo gli anni della gioventù trascorsi tra diverse città degli Stati Uniti e Manila nelle Filippine.
Basandosi su immagini fotografiche sia fisse che in movimento, crea composizioni applicando una vasta gamma di tecniche, utilizzando sia immagini d’archivio sia proprie, ma sempre elaborandole e trasformandole. Gran parte delle sue competenze derivano dai molti anni trascorsi lavorando in rinomati musei e gallerie a New York City, al fianco di celebri artisti e curatori, ognuno dei quali gli ha trasmesso idee, tecniche e capacità di risolvere problemi.
Oltre ad essere artista, Rineer lavora anche come insegnante, traduttore, cantautore, ingegnere audio e musicista. Attualmente, suona e collabora nel gruppo musicale “Plastic Palms”.
Photogallery a cura di Agostino Santangelo