Descrivono il senso di sgomento di fronte allo spazio vuoto del deserto o l’angoscia della traversata del Mediterraneo con il gommone, il “lapa-lapa” nel gergo dei migranti. Sono le poesie di Kelvin Osunde, 24 anni, nigeriano ospitato a Villa Quaglina, struttura gestita da Piam onlus.
Sedici poesie raccolte in una breve pubblicazione, dal titolo “Sguardo su una insolita realtà”, presentata venerdì scorso al Foyer delle famiglie.
L’autore
Ad introdurre l’incontro Alberto Mossino, presidente Piam, e Stefano Mossino, che hanno ricordato la storia di Kelvin e del suo viaggio della speranza.
Kelvin Osunde è nato infatti in Nigeria nel 2000, figlio gemello di una famiglia poligamica. Dopo la morte del padre, a 11 anni, è stato costretto ad andare a lavorare, nonostante amasse molto studiare.
A seguito di alcune crisi di natura psichiatrica è stato internato per alcune settimane in un casolare ai margini di un villaggio, incatenato e privato di cibo, acqua e illuminazione. Al termine di questa prigionia ha deciso di abbandonare la Nigeria, compiendo un difficoltoso viaggio attraverso il Niger per arrivare in Libia. «Lì ha trovato lavoro in un autolavaggio, ma quando è stato svegliato nel cuore della notte e costretto a scaricare un camion rubato carico di benzina – ha raccontato Stefano Mossino – ha deciso di lasciare l’Africa e raggiungere l’Europa».
Dopo cinque giorni alla deriva nel Mediterraneo su un gommone dal motore guasto, insieme ad altri 79 connazionali è giunto a Lampedusa. E’ seguito un breve periodo di accoglienza a Bagni di Lucca, dopodiché è stato trasferito al progetto SAI del Comune di Asti, ospitato a Villa Quaglina, gestita da Piam onlus, dove vive da un anno e mezzo.
Affiancato da Samuele Gullino, con un accompagnamento musicale, Osunde ha letto i componimenti – scritti in inglese e affiancati dalla traduzione in italiano – e risposto alle domande del pubblico sulla sua scelta di scrivere e sulle storie raccontate.
Le poesie
Nei suoi componimenti parla dello sgomento nel camminare nel deserto, a causa della sensazione del vasto spazio vuoto in cui si è immersi, «dove il sole colpisce senza pietà». E poi della difficile vita in Libia, della traversata nel Mediterraneo dominata dall’angoscia in cui si ha poca o nessuna speranza di sopravvivenza e «dello stupore per l’accoglienza dimostrata dalla Polizia italiana a Lampedusa».
«Il libro che ho scritto parla delle mie lotte nella vita – ha confidato – e penso che chi lo legge si possa identificare perché condivido lotte comuni. Considero la poesia il mio modo di esprimermi, anche perché sono cresciuto in un luogo in cui agli uomini non è consentito esprimere i propri sentimenti, e sono grato per aver avuto il privilegio di pubblicarlo. Spero di poterne scrivere altri, anche perché ho ancora molto da dire».
Il commento di Domenico Quirico
Alla presentazione è stato invitato ad intervenire il giornalista Domenico Quirico, già inviato di guerra del quotidiano La Stampa. «Per scelta, da anni, non mi occupo più di migranti – ha affermato – per cui sono venuto essenzialmente per ascoltare, in quanto credo che sia l’unico atteggiamento corretto da seguire. La poesia, se ha dentro di sè un’anima, incendia e smarrisce. E il fatto che questi versi siano stati raccolti opportunamente in un libro è coerente con la mia convinzione. Ovvero, la necessità, per me indispensabile e rivoluzionaria, che siano gli stessi migranti a parlare, a raccontare la loro odissea, le ragioni, la rabbia e la speranza. Non dobbiamo farlo noi, che da 14 anni abbiamo accumulato una piramide di chiacchiere che non hanno portato a nulla, tanto che la condizione della migrazione è rimasta tragicamente uguale, caratterizzata da quesiti e problemi irrisolti. Credo che il nostro compito di occidentali sia quello di ascoltare queste voci».
Il libro può essere richiesto ad offerta libera scrivendo all’indirizzo mail: piamonlus@yahoo.com.