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La giustizia è davvero perfetta?
Cultura e Spettacoli

La giustizia è davvero perfetta?

Intervista alla giallista Elda Lanza che nel suo ultimo romanzo “Uno stupido errore”, con protagonista l’avvocato Max Gilardi, esprime parecchi dubbi a riguardo

La nuova inchiesta di Max Gilardi, “Uno stupido errore” (Salani, 14,90 euro) è solo l’ultima avvincente storia che Elda Lanza regala ai suoi affezionati lettori, sempre più numerosi e affascinati da una scrittura vivace, semplice, che ristora come una fresca limonata in un caldo pomeriggio estivo. Abbiamo approfondito con Elda la genesi della storia e molto altro ancora.

“Uno stupido errore” è un giallo al contrario, alla tenente Colombo, sulla giustizia che, qualche volta, è del tutto inefficiente. L’assassino è noto fin dalle prime pagine, l’evolversi della storia prende una piega inaspettata e il finale stimola una discussione molto articolata. La giustizia, secondo lei, non può essere perfetta perché condizionata dall’uomo che non è perfetto? O ci sono altre spiegazioni?

La domanda è: la giustizia è sempre perfetta? Quando assistiamo a processi che assolvono e condannano lo stesso imputato a rotazione (caso Stasi o il processo di Perugia, per esempio) quando, in che punto, la giustizia era perfetta? E il verdetto giusto? Sono domande che difficilmente hanno una risposta, ma difficili da cancellare serenamente. L’avvocato difensore ha l’obbligo di difendere un imputato, qualsiasi opinione personale si sia fatto: se non assolve pienamente al proprio ruolo viene espulso dall’albo degli avvocati. Quindi non alla sua coscienza, che non condanna e non assolve, ma ci riferiamo soltanto alla sua capacità di esercitare il proprio lavoro. O vogliamo definirla una passione? Magari attraverso uno stupido errore, sfuggito a tutti.

Il libro rievoca atmosfere alla Hitchcock: il delitto irrompe nella routine quotidiana di soggetti apparentemente normali, quasi banali. Nicola e Alessandro, i due protagonisti della storia, non sono diversi da migliaia di altri ragazzi freschi di diploma: hanno sogni, hanno voglia di riscatto, inseguono l’amore, ma vengono travolti da un evento imprevedibile, l’omicidio di Giulia. Si è ispirata a qualche particolare caso di cronaca nera che, anche in Italia, vede i soggetti coinvolti sempre più giovani?

Innanzitutto da stasera pretenderò da tutti il Lei; nessuno mi aveva paragonata a Hitchcock: al massimo ero arrivata a Camilleri! Naturalmente scherzo. Ognuno è soltanto se stesso, comunque grazie: so che era un paragone e non un confronto. La storia, con altri personaggi, in altra epoca e in altri luoghi, ha uno spunto di verità: me l’aveva raccontata un cugino avvocato, un caso che era capitato a lui. Io ho raccontato la storia a modo mio, con la fantasia.

I ragazzi di oggi vengono definiti quelli della generazione 2.0: sono iperconnessi al web, sempre in rete a messaggiare con chiunque in qualsiasi parte del mondo, ma rivelano grandi difficoltà a comunicare con i propri genitori. Come Giulia, la cui madre scopre di non conoscerla affatto. Di chi è la colpa? Cattivi genitori? Insegnanti inadeguati? Esempi sbagliati che arrivano da tv e internet?

Il caso di Giulia non credo sia da attribuire all’epoca in cui viviamo. Anche noi, oggi quasi centenari, almeno parlo di me, non sapevamo comunicare con i nostri genitori. Certo, io ho nascosto più cose e sentimenti e dolori a mia madre di quanto mio figlio abbia fatto con me. E i suoi figli con lui. I rapporti si creano, si animano, si fanno crescere e durare con l’amore.

In questo libro la figura di Max Gilardi, protagonista dei suoi gialli, entra in azione molto avanti nella storia restando in secondo piano rispetto al giovane Bernardini che lavora con lui. Eppure è Gilardi a dare la svolta al caso, difendendo fino all’assoluzione chi, invece, in un mondo perfetto, non meriterebbe di farla franca. Su tutto c’è il diritto, riconosciuto in Italia agli imputati, di poter mentire ai giudici. Mancano obiettori di coscienza tra gli avvocati o sono i criminali che godono di troppe tutele?

Non so risponderle se non attraverso l’opinione di Max Gilardi: non è l’avvocato che assolve o condanna, è la giustizia. All’avvocato i suoi clienti non piacciono mai, chi l’ha detto?

I prossimi due libri che pubblicherà non sono gialli. Ci vuole anticipare il titolo e di cosa tratteranno?

Nei prossimi mesi uscirà con Vallardi un libro che non è un romanzo e che io, da vecchia insegnante di storia del costume, amo moltissimo: “Il tovagliolo va a sinistra”. Il racconto di un tovagliolo, tra educazione e galateo, che come sappiamo non sono la stessa cosa, informato e divertente, con la partecipazione di grandi amici come Hans Tuzzi, Giancarlo Livraghi, Mariano Sabatini e tanti di quelli che ho amato: da Montale a Gertrude Stein a Giorgio Armani. Del romanzo che uscirà in tempi più lunghi con Ponte alle Grazie, parleremo un’altra volta, e avremo molto da dire. Quello non ve l’aspettate proprio.

Di tutti i romanzi che ha letto, ce n’è uno che avrebbe voluto scrivere o che la rappresenta in qualche modo?

Poiché ho sempre scelto le mie letture in una biblioteca fornitissima e colta, avrei voluto averli scritti tutti io.

Riccardo Santagati

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