Giovedì allAlfieri un nuovo allestimento dellultimo testo teatrale scritto dal grande drammaturgo inglese. Il regista e attore: Cercare il bandolo della matassa è inutile. Si tratta di un dramma malinconicamente giocoso sulla fine della civiltà
Dopo tanto Beckett, è ora la volta di Shakespeare. Giovedì alle 21 al Teatro Alfieri andrà in scena lultimo testo teatrale scritto dal grande drammaturgo inglese, La tempesta, nellallestimento della Popular Shakespeare Kompany, con Valerio Binasco (anche regista), Fabrizio Contri, Fortunato Cerlino, Andrea Di Casa, Simone Luglio, Gianmaria Martini, Deniz Ozdogan, Fulvio Pepe, Giampiero Rappa, Sergio Romano, Roberto Turchetta, Ivan Zerbinati. Le musiche originali sono di Arturo Annecchino, le scene di Carlo De Marino, i costumi di Sandra Cardini.
La Shakespeare Popular Kompany, che ha il suo battesimo ufficiale proprio con questo spettacolo, è nata in seguito al successo del Romeo e Giulietta del 2011. La compagnia intende mettere in scena un classico ogni anno, con lintento di continuare ad offrire al pubblico grandi testi, in un momento in cui la crisi sta avviando sempre più il teatro verso la messa in scena di spettacoli di piccole dimensioni.
Il dramma vede nel ruolo di Prospero, il protagonista, Valerio Binasco, pluripremiato sia come regista che come attore in più momenti di una carriera che spazia dal cinema agli spettacoli con Carlo Cecchi. La Tempesta è uno dei testi più misteriosi e affascinanti del teatro mondiale spiega Binasco e gran parte del suo fascino dipende proprio dal suo mistero. Cercare il bandolo della matassa è inutile: è molto meglio puntare dritti al cuore della matassa, e perdersi. Per me si tratta di un dramma malinconicamente giocoso sulla fine della civiltà, sulla fine della vita e sulla fine delle cose in generale.
La Tempesta è una delle pièce più magiche di Shakespeare, appartenente alla sua ultima fase creativa, quella dei romances, in cui rielabora in dimensione mitica e sacrale le grandi tematiche delle tragedie e commedie precedenti, a partire dalla lotta intestina per il trono (qui quella di Prospero, il legittimo Duca di Milano fatto esiliare dal fratello Antonio sullisola misteriosa, dove si rincontreranno dopo il naufragio e la Tempesta ), a quella del teatro nel teatro e a quella degli scherzi e incroci amorosi che sono sempre rivelatori di altro, come accade a Miranda, figlia di Prospero, e Ferdinando, figlia del Duca di Napoli amico del fratello usurpatore Antonio.
La lezione che ne deriva conclude il regista è che cè solo da comprendere. E comprendere non è perdonare. È arrendersi. Alla fine, resterà solo leroismo degli arresi. E Prospero, con fatica, si arrende. Anche se, dicono, ha vinto.
a.g.