«La scuola ha una funzione fondamentale: deve essere una comunità inclusiva che mette al centro le persone».
E’ il messaggio veicolato da “Non sapevamo di essere girasoli – Storia di una giovane insegnante e dei suoi ragazzi delle Vallette”, libro d’esordio di Maria Luisa Mosele – per anni dirigente scolastica al IV Circolo didattico di Asti – pubblicato nel 2021 con Buckfast Edizioni (277 pagine, 16 euro, acquistabile in libreria e on line).
Nei giorni scorsi il libro è stato oggetto di una presentazione al Polo universitario astigiano, organizzata in occasione delle iniziative per l’8 marzo. Abbiamo posto alcune domande all’autrice per saperne di più.
Il romanzo
Di cosa parla il romanzo?
La storia è ambientata negli anni Ottanta nel quartiere Vallette di Torino, caratterizzato da una significativa immigrazione dal Sud Italia. La protagonista è un’insegnante di scuola media di nome Marilena le cui vicende si dipanano su due anni scolastici: 1983/1984 e 1984/1985.
Proveniente da una famiglia agiata ma che si basava sulle apparenze, da ragazza aveva vissuto a scuola e a casa vicende di umiliazione. Emerge dai numerosi flashback sul suo passato, utili a capire il modo di rapportarsi con gli studenti. La storia di Marilena, quindi, è un “romanzo nel romanzo”, che vede al centro il suo percorso di crescita, professionale e personale.
Da subito Marilena mostra un modo di approcciarsi ai ragazzi diverso rispetto a quello dei colleghi, che li considerano delinquenti e incapaci. Marilena vede che i ragazzi soffrono, ma il cambiamento che vuole apportare viene limitato dal fatto che ha costruito un “muro” nei confronti dei colleghi che non la pensano come lei. Un muro che si infrangerà faticosamente grazie al percorso di crescita personale che le consentirà di aprirsi con empatia agli altri insegnanti, ammettendo anche gli sbagli che talvolta ha commesso.
La scuola, prima aberrante, diventerà quindi una vera e propria comunità educante, come deve essere.
Come mai ha scelto questo titolo?
I girasoli sono simbolo di rinascita. Rappresentano il passaggio dal prima (lo spettro della scuola come istituzione che emargina) al dopo (il volto bello di una comunità educante inclusiva).
Le riflessioni sul sistema scolastico attuale
Il libro si può leggere a due livelli: come romanzo o come libro ricco di riflessioni sulla pedagogia e sul sistema scolastico…
Sì, in quanto consente di seguire le vicende ma anche di soffermarsi sulle riflessioni pedagogiche e sull’analisi del sistema scolastico italiano, che accompagnano il lettore dall’inizio alla fine. Il libro infatti nasce per comunicare un messaggio: il comportamento dei ragazzi è determinato dal modo in cui gli adulti li trattano. Se questi ultimi si pongono nei loro confronti con un atteggiamento di aspettativa positiva, allora i ragazzi saranno portati a comportarsi in modo coerente con l’aspettativa.
E questo per far riflettere il lettore sul senso profondo dell’insegnamento. Un docente non deve cercare di allontanare i problemi che può avere in classe semplicemente colpevolizzando i ragazzi che sono “sbagliati” e i genitori che sono disattenti. Deve porsi delle domande su come risolverli in qualità di professionista in campo educativo.
Come valuta, allora, il sistema scolastico attuale?
Sicuramente ci sono tantissimi esempi positivi, ma ancora troppi episodi in cui la scuola pone al centro la difesa della propria immagine e non gli studenti. La scuola, dove bambini e i ragazzi trascorrono tante ore delle loro giornate, deve ricoprire un ruolo fondamentale al centro di una società complessa. Non può andare contro i ragazzi e le famiglie, ma occuparsi di creare una comunità educante.
Questo è il suo libro d’esordio. Ha in mente di proseguire a scrivere?
Non disdegno l’idea, dato che la stesura di questo romanzo è stata un’esperienza bellissima, anche se faticosa. Vedremo.