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Cultura e Spettacoli

La vita l'e sempre bela
per Cochi e Renato

Chissà cosa passa per la testa di un cabarettista durante uno spettacolo. Nell’esporre un copione provato e riprovato si chiederà, forse, se quanto sta proponendo in scena stia sortendo un qualche

Chissà cosa passa per la testa di un cabarettista durante uno spettacolo. Nell’esporre un copione provato e riprovato si chiederà, forse, se quanto sta proponendo in scena stia sortendo un qualche effetto sul pubblico. E quali pensieri, specificamente, transitano nelle menti di Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto nel corso di uno show? Galline? Canzoni intelligenti? Belle bionde? Con tutta probabilità solo tanta naiveté. Quella quieta consapevolezza di potersela ancora giocare, a settant’anni compiuti, con tanti comici contemporanei pompati dal blasone mediatico.

Perché a svettare nelle due ore e mezza di intrattenimento in un Teatro Alfieri tutto esaurito sono “Quelli del cabaret”, due attori a tutto tondo che sul palco cantano, recitano, divertono, stupiscono. Uno (Cochi) intellettualoide, astratto, bizzoso, l’altro (Renato) concreto e pacioccone, aiutato da un physique du rôle perfetto. L’insieme genera quella vena comica sottile, poetica, quasi surreale, che arriva dritta al cuore di chi guarda, rapito e attento perché mosso a risa sincere da quanto si sta dipanando sulla scena. Un canovaccio che spazia dalla satira spassosa, ma mai eccessiva, sui personaggi pubblici (Platinette, Alba Parietti, l’ex ministro Brunetta), alla riflessione amara e in punta di piedi sul migrante morto nel tentativo di trovare una vita migliore.

Nel mezzo, tra canzoni “storiche” (accompagnate da un’ottima live–band) e battute fulminanti, tanti sketch ad esaltare una complicità artistica che, dal debutto al Derby di Milano nel 1965, non mostra ancora cenni di cedimento. Anche per chi, come il sottoscritto, ha potuto apprezzarne le gesta solo in vecchi filmati in bianco e nero o in film–tv tanto datati quanto portatori sani di un’ingenua positività di cui il mondo d’oggi ha tanto disperatamente bisogno. Perché in fondo “la vita l’è bela… basta avere l’ombrela che ti ripara la testa”.

Luca Garrone

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