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Cultura e Spettacoli
Intervista

L’assessore Candelaresi: «Asti Lirica, festival in crescita»

Eventi da tutto esaurito alla seconda edizione della rassegna che ha spaziato dalla musica barocca a “Il barbiere di Siviglia”, per terminare con l’operetta

Successo di pubblico e critica, con eventi da tutto esaurito, per Asti Lirica, il festival avviato lo scorso anno dall’Amministrazione comunale con la direzione artistica di Renato Bonajuto. Cominciato il 9 giugno con un’importante anteprima, si è riproposto ampliato rispetto allo scorso anno, con sette appuntamenti in vari spazi della città che hanno visto una media di oltre 250 spettatori a sera.
Ne abbiamo parlato con l’assessore comunale alla Cultura, Paride Candelaresi.
Quest’anno il festival ha ottenuto risultati molto soddisfacenti a livello di pubblico, superando ampiamente la prima edizione. Merito del cartellone con titoli più conosciuti dal grande pubblico, della calendarizzazione anticipata o di altri fattori?
Le manifestazioni e i grandi progetti talvolta prendono forma poco alla volta, intercettando anno dopo anno strategie nuove e l’interesse del pubblico che, ovviamente, non è mai uguale a sé stesso: un anno può funzionare benissimo un cartellone, l’anno dopo no.
I risultati derivano da diversi fattori. Il primo è che Asti Lirica comincia ad essere un progetto ben percepito dalla città e dagli appassionati di musica lirica. Lo scorso anno era una cosa del tutto nuova, oggi non più. E credo sarà un crescendo stagione dopo stagione.
Un altro fattore è che il programma aveva titoli di grande richiamo come “Il barbiere di Siviglia”, “Carmina burana” e l’omaggio a Puccini, ma anche momenti più sofisticati e sfiziosi, come il doppio concerto al Battistero. Questa scelta ha consentito di accorciare la distanza con il pubblico e di coinvolgerlo.
In fondo Asti Lirica è una rassegna musicale che al tempo stesso costituisce spontaneamente una comunità. La musica fa anche questo: mette la gente insieme.
Come mai quest’anno non è stato dato spazio ad artisti astigiani?
Non ci sono ragioni particolari o retropensieri. Semplicemente il direttore artistico, Renato Bonajuto, ha individuato voci, artisti e musicisti che potessero funzionare bene nell’insieme del programma selezionato.
Asti Lirica ha una sua coerenza e negli anni a venire penso possa ottenere una bella patente per entrare nel circuito dei festival lirici. Per fare questo, però, bisogna anche slegarsi dalla logica provinciale che impone di chiamare “l’amico dell’amico”. Ad esempio, se hai bisogno di un baritono d’eccezione e sul territorio non c’è, devi andarlo a cercare altrove.
Però bravi astigiani sono stati coinvolti: abbiamo avuto Enrico Iviglia nel cast del “Barbiere” e Fernanda Saravalli all’arpa nel concerto pucciniano. Se ci sono eccellenze Bonajuto le individua.
Il coro dei Carmina Burana, ad esempio, era composto da 100 voci, il più grande da quando il Teatro Alfieri ha riaperto nel 2002. Penso anche alla strepitosa voce di Diego Cavazzin che ha offerto due bis del “Nessun dorma” o, l’anno scorso, al mitico Ambrogio Maestri, star internazionale dell’Opera che ha lasciato a bocca aperta i presenti. O al progetto di Fabio Poggi e di Aso dello scorso anno sul “Pimpinone” di Telemann.
Insomma, stiamo cercando di portare ad Asti la grande musica senza lasciare indietro nessuno.

La prossima edizione

Il festival prevede un’appendice il 17 settembre, poi dovrete pensare all’edizione 2025. Idee e obiettivi al riguardo?
Quel giorno presenteremo la stagione teatrale invernale e ci è sembrato bello invitare un cantante di grande fama come Fabio Armiliato per raccontarci la storia della sua carriera e sentire qualche aria. In questo modo AstiLirica sarà un ideale anello di congiunzione tra le belle date fatte in estate e quelle che proporremo per l’inverno. E poi, in quell’occasione, sveleremo il titolo operistico di punta della prossima stagione. Dopo “Don Giovanni” e “Tosca”, ci sarà un’opera tra le più belle e rappresentate al mondo.
Nel ringraziare tutti colori che hanno collaborato con impegno alla realizzazione della stagione, vorrei riprendere le parole del grande direttore d’orchestra Giovanni Di Stefano che, nei saluti alla città al termine dei “Carmina Burana”, ha fatto i complimenti ad Asti ed elogiato l’impegno di una provincia come la nostra nel fare cultura portando la gente nei teatri sera dopo sera, anche a luglio, con un programma così studiato.
Mi permetto di dire che, se il mondo degli addetti ai lavori e la critica più autorevole sta parlando così bene di noi, significa che qualcosa ha funzionato.

IL CARTELLONE

Il festival Asti Lirica ha proposto un programma eterogeneo con l’intenzione di rivolgersi ad un pubblico di melomani e appassionati, ma anche a chi voleva avvicinarsi con curiosità per la prima volta a questo genere musicale.
Dopo l’anteprima con il concerto dei finalisti del XXXII Premio Koliqui, il festival è partito con il tutto esaurito in occasione dell’opera “Il barbiere di Siviglia”, svoltasi al Palco 19 causa maltempo, per proseguire al Palazzo del Michelerio con il gran concerto dedicato a Puccini. A rendere prezioso questo secondo appuntamento anche la presenza di Sabino De Noci, storico critico musicale e personaggio televisivo, protagonista dell’introduzione divulgativa “L’opera in cinque minuti” (solitamente affidata al critico musicale Alberto Bazzano). De Noci ha raccontato con empatia, le opere che via via andavano in scena, passando dalla “Tosca” a “Madama Butterfly”, con uno stile semplice e diretto gradito al pubblico.
Poi è stata la volta della serata al Battistero, spazio culturale che ha riaperto per l’occasione, cornice di una serata, ad ingresso gratuito, in cui sono stati presentati due generi musicali meno diffusi, ma che hanno conquistato i presenti: il concerto polifonico e la musica barocca. La suggestione era amplificata dall’atmosfera soffusa creata dalle candele poste per l’occasione.
Altra serata positiva quella dei “Carmina Burana” al Teatro Alfieri, aperto a livello di platea e barcacce, con oltre 100 coristi sul palco per un’opera che ha visto impegnata l’Orchestra delle Terre Verdiane. Chiusura in linea con l’operetta “La vedova allegra”, dove era presente un pubblico più trasversale.

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