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Cultura e Spettacoli
Festival Passepartout

«L’importanza di Taiwan nella sfida che vede contrapposti Stati Uniti e Cina»

Il giornalista Rai Claudio Pagliara ha approfondito la situazione geopolitica mondiale alla luce dello scontro in corso tra democrazie liberali e regimi autocratici

Saranno i regimi autoritari, come quello cinese, o le democrazie liberali, nonostante le loro intrinseche difficoltà, a dominare nel mondo, guidando la prossima fase di innovazione?
E’ l’interrogativo che si stanno ponendo storici e studiosi, al centro anche dell’interessante intervento del giornalista Claudio Pagliara, domenica scorsa in occasione dell’ultima giornata del festival Passepartout. Grazie alla sua esperienza di corrispondente Rai a Parigi, Gerusalemme, Pechino e, dal 2019, a New York (dove è responsabile per i servizi giornalistici dagli Stati Uniti), Pagliara ha parlato della tensione esistente tra America e Cina, con un riferimento alla guerra in Ucraina.
«Per 75 anni, dopo la fine della Seconda guerra mondiale – ha sottolineato – gli Stati Uniti e gli alleati europei hanno avuto un peso preponderante nel mondo. Certo, abbiamo assistito alla guerra fredda, ma il crollo del Muro di Berlino ha dimostrato che l’Urss era solo una potenza nucleare, non economica e tecnologica. Nei 25 anni successivi il dominio degli Stati Uniti è stato incontrastato, mentre negli ultimi anni la Cina di Xí Jìnpíng si è alleata con la Russia di Vladimir Putin per far emergere un nuovo ordine internazionale che non abbia gli Stati Uniti come perno. A sfidarsi due sistemi di valori completamente diversi: da una parte i regimi autocratici che reprimono il dissenso e sono guidati da un ristretto gruppo di tecnocrati. Dall’altra le democrazie liberali che difendono i diritti umani ma faticano a tradurre i progetti in azioni per il meccanismo stesso alla loro base, che poggia sul consenso».

La situazione in Cina

Pagliara ha quindi approfondito la situazione della Cina.
«L’attuale presidente della Repubblica popolare cinese Xí Jìnpíng – ha sottolineato – ha completamente rovesciato la direzione percorsa anni prima dal leader Deng Xiaoping. Quest’ultimo è andato verso un modello basato su “meno Stato, più imprenditoria privata”. Una direzione che ha prodotto un miracolo, in quanto la Cina in 30 anni ha percorso la strada che l’Unione europea ha compiuto in 200 anni.
Ha dato spazio al mercato e alle forze imprenditoriali, aprendo agli investitori internazionali. La conseguenza, però, è che successivamente, dal 2010 in avanti, il Partito comunista cinese si è sentito minacciato, dato che il benessere cozzava con il sistema paternalista mentre sul web, nonostante controlli e restrizioni, cominciava ad emergere la grande corruzione che domina la politica. La direzione intrapresa da Xí Jìnpíng è quindi la risposta del Partito Comunista all’istinto di sopravvivenza. Per questo si è verificato il progressivo ma totale ritorno del partito al centro delle decisioni, tanto che gli imprenditori cinesi vivono una “dimensione dimezzata”».
Al centro della sfida è la prossima fase di innovazione, basata sulle tecnologie più avanzate, come la rete 5G del futuro.

L’importanza dell’isola di Taiwan

Ma il fulcro dello scontro non è l’Ucraina, bensì la piccola isola di Taiwan.
«La prima fase del conflitto in Ucraina – ha evidenziato – è stata persa da Putin, dato che non è riuscito a realizzare l’obiettivo di “guerra lampo” che si era prefissato a causa di un esercito non molto motivato e di strategie militari datate. Ma non è detto che perderà la guerra. Tuttavia è importante che non la vinca perché i sistemi autocratici (la Russia e la Cina sua alleata) non si fermerebbero. La prima mirerebbe ai Paesi baltici, la seconda a Taiwan, dove si producono il 60% dei microchip (l’80% di quelli avanzati) che rappresentano l’“oro nero” del 21esimo secolo. Isola che, per la sua posizione e per ciò che rappresenta per la retorica comunista, viene ritenuta da Xí Jìnpíng la “ciliegina sulla torta” per entrare nella storia. Tanto da aver affermato che userà ogni mezzo, anche la forza, per unirla alla madrepatria. A quel punto gli Usa, a differenza che nel caso dell’Ucraina, si muoverebbero a fianco di Taiwan perché altrimenti l’influenza americana nell’Est asiatico si dissolverebbe in dieci anni. Al contrario, Giappone e Corea del Sud sarebbero costretti ad avvicinarsi alla Cina, con il rischio di arrivare veramente alla terza guerra mondiale. Prevenire questa ipotesi è ciò in cui è impegnata la diplomazia».

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