Da alcuni giorni la si può vedere su Prime Video nella serie tv “Monterossi” – tratta dai romanzi “Questa non è una canzone d’amore” e “Di rabbia e di vento” di Alessandro Robecchi – nei panni dell’agente di Polizia Santucci.
Parliamo dell’attrice astigiana Marina Occhionero, 28 anni, che vive a Bologna e si divide tra televisione, cinema (gli ultimi film cui ha preso parte sono “Gucci”, per la regia di Ridley Scott, e “Il Talento del Calabrone” diretto da Giacomo Cimini) e teatro (nel 2019 ha vinto il Premio Ubu, il riconoscimento di teatro più importante in Italia, per la categoria under 35).
L’abbiamo raggiunta telefonicamente per porle alcune domande su questo nuovo impegno e sui progetti futuri.
La serie
Cosa pensa di questa serie e come si è trovata nel ruolo che interpreta?
“Monterossi” è un giallo particolare. Attraverso il giallo si propone infatti di parlare di un’Italia caratterizzata da orrori televisivi (il protagonista, interpretato da Bentivoglio, è un autore per la televisione, ndr). Più in generale, fa riferimento alla politica, alla burocrazia, ad una generazione di giovani gambizzata da stipendi miseri e assenza totale di meritocrazia. Aprendo quindi un quadro antropologico, economico e sociale che ha come sfondo la città di Milano.
Ciò che apprezzo particolarmente è che questi temi sono raccontati senza cadere nel moralismo e proponendo molti agganci comici. Basti pensare al personaggio che interpreto, una giovane agente di Polizia un po’ impacciata che, nonostante le sue aspirazioni, si trova in un commissariato un po’ sfruttata.
Il tutto accompagnato da una vena blues, sottolineata dalla colonna sonora di Bob Dylan, che conferisce anche un accento malinconico.
Sono quindi molto contenta di far parte di questa serie, di cui apprezzo molto anche il regista Roan Johnson, la cui particolarità è quella di far coincidere molto bene l’ironia e la malinconia dei suoi personaggi.
In questa serie recita al fianco di un attore del calibro di Fabrizio Bentivoglio…
Sì, per la prima volta. E’ un grande attore. Per me che sono agli inizi è un onore. Recitare al fianco di professionisti come lui rappresenta l’unica vera scuola.
E’ la prima volta che prende parte ad una serie tv?
No. Ho già lavorato per la televisione nelle serie “Doc – nelle tue mani”, “Petra”, “Skam 2” e “Non uccidere 2”.
I progetti futuri
Quali sono i suoi progetti per il 2022?
Sempre rimanendo in ambito televisivo, in primavera sarò sul piccolo schermo con la serie “Studio Battaglia”.
Ambientata a Milano all’interno di uno studio legale, vede come protagoniste alcune avvocatesse divorziste, mostrandone sia le vicende professionali sia gli aspetti privati e sentimentali.
Nel cast, tra gli altri, Lunetta Savino, Barbara Bobulova, Miriam Dalmazio, Giorgio Marchesi, Thomas Trabacchi e Massimo Ghini.
E per quanto riguarda il teatro?
Sto preparando il mio primo monologo, intitolato “Arianna porta scompiglio”, per il quale sono attualmente in prova a Genova. La regia è di Oscar De Summa, con cui ho già lavorato più volte.
Al centro della storia una ragazza, costretta a subire la sua bellezza in un piccolo paese conservatore e conservativo delle proprie regole. Una storia, quindi, che indaga l’eredità che proviene dal luogo in cui si abita, per mostrare come la vita in un piccolo paese possa condizionare le scelte personali.
E ancora, mi cimenterò con il secondo capitolo dello spettacolo “La gloria” di Fabrizio Sinisi, che debutterà la prossima estate, per la regia di Mario Scandale. Il primo capitolo – col quale sono stata in scena anche allo Spazio Kor di Asti lo scorso luglio, nell’ambito di un’anteprima di AstiTeatro – affronta il tema dell’origine del male analizzando gli anni della giovinezza di Hitler, prendendo spunto da fatti storicamente accaduti. In quel caso ho interpretato il ruolo della ragazza che ha frequentato Hitler a Vienna negli anni della gioventù.
Preferisce il cinema o il teatro?
Sono due mestieri diversi, a partire dall’organizzazione delle giornate di lavoro fino alle modalità di concentrazione richieste, che sono differenti. Per me è fondamentale frequentare entrambi gli ambiti, dato che sono uno nutrimento dell’altro.
Qual è il suo rapporto con Asti?
Sono via da Asti da quando mi sono diplomata e non vi ho mai lavorato. Pur non avendo genitori astigiani, comunque, da quando sono partita ho scoperto un’anima e una poesia, di Asti e del Piemonte, di cui non mi ero mai accorta prima.
Tanto che, ora, il mio sogno sarebbe quello di dedicare un periodo di studio, ricerca e scrittura per il teatro proprio nella mia città d’origine.