Pur con oltre cinquantanni di musica alle spalle, a tuttoggi Paolo Conte non ha scritto unautobiografia. Fatto che in realtà non dovrebbe stupire, considerata la proverbiale riservatezza
Pur con oltre cinquantanni di musica alle spalle, a tuttoggi Paolo Conte non ha scritto unautobiografia. Fatto che in realtà non dovrebbe stupire, considerata la proverbiale riservatezza degli astigiani. A offrire uno sguardo sulla carriera del cantautore ci ha pensato un altro astigiano, il giornalista e attuale assessore alla Cultura Massimo Cotto. Fammi una domanda di riserva (Mondadori, 180 pagine, 18 euro) non è però la solita biografia, non poteva esserlo dato il rapporto di vecchia data tra i due.
«Seguo Paolo Conte da trentanni – racconta – dal suo primo tour americano ai palchi europei. La notte, dopo i concerti, ci trovavamo spesso a parlare, ma il giorno dopo mi limitavo a un articoletto. Molte di quelle chiacchierate restavano nei miei appunti, che puntualmente archiviavo.» È stato quando Conte ha smesso di parlare che a Cotto è balenata lidea di recuperare le parole rimaste su carta. «Chi di recente ha visto un suo concerto, avrà notato che saluta il pubblico, si inchina, canta. Ma non parla. Così ho pensato che quello che negli anni mi aveva detto fosse diventato ancora più prezioso, proprio per via di questo suo silenzio.»
Frasi, battute, qualche rivelazione: dalle note di Cotto, «buttate in un cappello e rilette come una poesia dadaista», emerge un personaggio unico e inconfondibile. Non un cantautore, non un jazzista né un musicista puro. «Un artista che si muove al centro di questo triangolo e sposta a piacere la sua distanza dai diversi elementi. Non segue nemmeno la segnaletica obbligatoria nel comporre, tanto che oggi si dice canzone alla paolo conte. E quando decide di aprirsi, è anche una persona molto simpatica, pur con il suo caratteristico pudore. Penso sia un uomo fuori dal tempo che racconta personaggi di unaltra epoca, anche se non ha mai ceduto a toni nostalgici.»
Dopo aver letto le bozze, il cantautore ha voluto consegnare a Massimo Cotto unaltra quindicina di pagine, scritte a mano. «Abbiamo già detto molto su Paolo Conte, per questo cerchiamo sempre unangolazione nuova sotto cui guardarlo. Del resto, i francesi scrissero Cosa resta ancora da dire su Paolo Conte?, e ogni volta ci sorprende con nuove canzoni. Eppure mi mancano molto le sue canzoni etniche, quelle che ci dicono chi siamo noi astigiani. Da lui vorrei ancora un ritratto della nostra città.» Forse nella loro città Conte e Cotto presenteranno insieme il libro, un evento di sicuro richiamo su cui lassessore sta lavorando.
E a proposito di lavoro, Fammi una domanda di riserva è il suo 65esimo libro. Sullo scaffale volumi scritti a quattro mani con Piero Pelù, Patty Pravo, Irene Grandi. In queste settimane Cotto è uscito in libreria anche con la raccolta di aneddoti Rock bazar – Volume 2 (Vololibero edizioni, 344 pagine, 15.30 euro). Stakanovista della tastiera? «Sono uno che riempirebbe pagine anche se non lo pubblicassero – spiega – ultimamente mi sono messo a parlare di viaggi immaginari per il canale del Teatro La Fenice di Venezia. Per me scrivere è una necessità.»
Enrico Panirossi