Negli oltre due secoli di vita del libero Comune di Asti, tante furono le guerre combattute dagli Astigiani: col marchese di Monferrato, Alessandria, i Savoia, piuttosto che la lotta ingaggiata contro Carlo d’Angiò per difendere le libertà comunali. Guerre tutte vinte da Asti con la spada o con il denaro. Tuttavia, come ogni guerra, poteva essere segnata da più battaglie da cui non era affatto scontato uscirne sempre vincitori, tutt’altro! E la storia astese non fa eccezione, poiché se è vero che alla fine, in qualche modo, gli Astigiani abbiano sempre vinto le guerre, così non si può dire di tutte le battaglie, ed una di queste, la più tragica, fu quella combattuta 750 anni fa a Cossano Belbo.
In sintesi, nel 1274 Asti guerreggiava da 14 anni con re Carlo I d’Angiò con cui si erano schierate molte località piemontesi, Alba in primis, oltre a diversi nobili tra cui gli squattrinati Giacomo e Manfredi marchesi di Busca, signori di Cossano avvezzi al brigantaggio, con furti a danno dei mercanti che di lì transitavano. Tant’è, narra Guglielmo Ventura, che nel di marzo quell’anno nella loro rete cadde anche un convoglio mercantile astese diretto a Genova. La reazione di Asti a quella sfrontata rapina fu rapida, con l’intimazione dell’immediata riconsegna del maltolto.
I Busca però si opposero, furbescamente si giustificarono sostenendo che la merce era dei Genovesi in guerra con l’Angiò e dunque anche loro nemici. A questo punto, fallita la diplomazia, l’uso della forza fu inevitabile e si optò per una spedizione punitiva. Venne mobilitato l’esercito comunale, reclutati circa 10200 fanti, di cui 200 inviati d’alleata Chieri, più un reparto di cavalleria da supporto e, senza preoccuparsi né di re Carlo né dei suoi alleati poiché tra le parti vigeva una tregua, sotto il comando del podestà Bergadano de Sistri si misero in marcia con l’obiettivo di devastare Cossano e farla finita coi Busca.
Nel frattempo però si attivò la contromossa. I Busca allertarono il siniscalco angioino Filippo di Gonessa, il quale, ignorando la tregua, pensò bene di approfittare dell’occasione per colpire. Sicché ad Alba fu radunato un forte contingente: oltre 500 cavalieri agli ordini del maresciallo Ferrerio di Saint-Amant, più numerosi fanti albesi. Dopodiché, in gran segreto e seguendo le mosse degli Astesi è probabile che il siniscalco condusse le truppe nei pressi di Cossano e lì attesero il momento buono per far scattare l’agguato. Raggiunta Cossano, sabato 24 marzo l’esercito astese iniziò ignaro l’operazione di devastazione: ecco, secondo Ventura, lì presente, fu proprio quando era in corso il “guasto” che iniziò l’imboscata, con la cavalleria del Saint-Amant che all’improvviso piombò addosso alle milizie astesi e fu una catastrofe.
Colti disordinati ed impreparati a resistere ad una carica, possiamo solo immaginare il parapiglia che seguì. E poi una furiosa zuffa. Finita la battaglia, mentre il grosso dell’esercito in rotta ripiegava verso casa, sul campo restavano circa 100 Astigiani morti compreso il podestà e circa 2000 prigionieri tra cui Ventura. Pienamente riuscita, la trappola del Gonesse causò il più grande disastro militare della storia comunale astese, ma per la guerra in corso fu un successo effimero. Con il podestà morto e parte dell’élite falcidiata Asti nell’immediato accusò il colpo, ma la paura della sottomissione scosse l’orgoglio civico. Le risorse astesi all’epoca erano notevoli e tre mesi dopo iniziò il contrattacco, fino alla vendetta che si consumerà nel 1275: prima toccò ad Alba e poi al suo signore Carlo d’Angiò, con cui si chiuderanno definitivamente i conti a Roccavione.
Luca Campini, ricercatore di storia e sigillografia medievale
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