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Renzo Arato
Cultura e Spettacoli

Renzo Arato: “Ho dato e ricevuto tanto dal mondo del teatro, ma ora lascio”

L’addio alle tournèe da parte del noto attore astigiano apprezzato anche all’estero, soprattutto in Francia e in Germania

L’addio alle tournèe

Renzo Arato lascia il teatro, o per lo meno le tournée e gli impegni a lungo termine.
Dopo quasi 60 anni di passione, interpretazioni e rappresentazioni in Italia e all’estero (Francia e Germania in particolare) la sua è una decisione comunicata agli organi di stampa e agli amici più cari, con l’invio di quella che lui stesso ha definito “l’ultima locandina”.
Qualche foto tratta dalla sua lunghissima carriera, poche frasi di commiato e una citazione di Marcello Marchesi (1912 – 1978), il noto scrittore, regista e attore: “L’importante è che la morte ci trovi vivi!”.
Originale anche nei saluti, non c’è che dire. Ma l’originalità non gli è mai mancata, così come la schiettezza di dire in faccia quel che pensava e forse, a volte, proprio per questo, si è precluso qualche possibilità in più di dimostrare quella bravura artistica che dalla collina di Roatto l’aveva portato anche in America, fra i piemontesi di Argentina.
«Preferisco uscire di scena con le mie gambe – rivela – e poi penso di avere dato e ricevuto tanto dal mondo del teatro. Mi ritengo fortunato, anche se avrei potuto fare di più. Ma in questo mondo, spesso, contano anche certe “spintarelle” e certi “carrozzoni politici” che ho sempre rifiutato. E, alla fine, va bene così».

La carriera

Da quel debutto da bambino, il 23 dicembre del 1960, sul palcoscenico del teatrino dell’oratorio del Colle Don Bosco, in scena per la prima volta con l’adattamento teatrale di Enrico Basari della famosa novella di Charles Dickens “A Christmas Carol”, di acqua sotto i ponti e di palcoscenici consumati ce ne sono stati tanti.
Arato ha interpretato, letto, commentato i più grandi poeti italiani, si è fatto bandiera della nostra cultura in terra francese e poi in Germania, dove il pubblico l’ha apprezzato e applaudito, forse addirittura più che in Italia. Ha interpretato ruoli drammatici, così come parti comiche. Ha scritto, prodotto e interpretato le vite di grandi personaggi, come ad esempio don Giovanni Bosco (portato in scena in ben due diversi spettacoli, nel 1988 e nel 2015) o San Massimiliano Kolbe, interpretato in una fiction per la tv tedesca e poi per 7 anni di spettacoli teatrali.
Ha fatto radio, televisione, cinema, ha incontrato i grandi dello spettacolo italiano ed internazionale. Fra i tanti, ha lavorato con Giorgio Strehler, maestro per lui indimenticabile e pietra miliare del suo lunghissimo curriculum di attore.

Il futuro

«E’ tempo di dedicarsi ad altro, di cambiare passo», racconta. «Le tournée che iniziano a novembre e finiscono a maggio non fanno più per me. Magari accetterò qualche collaborazione, valuterò con calma eventuali proposte, voglio prendere tempo per me stesso. Un’importante scuola di recitazione parigina mi ha chiesto di tenere dei corsi per spiegare i nostri grandi poeti e la nostra cultura, da Dante a Petrarca, fino a Pasolini. Ecco: stare con i giovani, insegnare loro la bellezza della nostra cultura, di Alfieri, Pavese, Lajolo. Questo, forse, è quello cui mi dedicherò, non da docente, ma da attore appassionato. Perché quando sei attore, sei attore per sempre».

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