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Cultura e Spettacoli

Ricordando Monicelli maestro
della commedia all'italiana

Appuntamento in Sala Pastrone alle 21,30. Quello in ricordo del regista toscano, a due anni dalla tragica scomparsa, è uno degli appuntamenti più attesi della seconda edizione dell'Asti Film Festival. Ospiti il regista Mimmo Calopresti e i giornalisti Filippo Mazzarella e Boris Sollazzo

La tavola rotonda in ricordo di Mario Monicelli (giovedì 29 novembre, ore 21.30 in Sala Pastrone), a due anni dalla tragica scomparsa del regista toscano, è uno degli appuntamenti più attesi della seconda edizione dell’Asti Film Festival. A ricordare Monicelli e a rievocare il suo cinema, unico per temperamento e coerenza, contribuiranno la proiezione di alcuni filmati inediti e le testimonianze del regista Mimmo Calopresti (apprezzato autore de La seconda volta e Preferisco il rumore del mare) e dei giornalisti Filippo Mazzarella (“Corriere della Sera”) e Boris Sollazzo (“Film Tv”).

«Un artista fa sempre lo stesso film: non è, per definizione, eclettico». Così Monicelli riassumeva il senso del suo lavoro, che egli intendeva riportare dentro i più estesi confini dell’artigiano piuttosto che recintare dietro il rigido steccato dell’autore. Una distinzione non da poco, che però conferma paradossalmente, nella lunghissima parabola artistica di Monicelli, una linea autoriale che, attraverso un’abbondante produzione di film, intensi, coerenti e compatti per ispirazione, opzioni tematiche e scelte stilistiche, fa del regista viareggino un “autore” suo malgrado, una delle maggiori personalità del cinema italiano del dopoguerra.

Proprio la matrice comune di capolavori diversi e sfaccettati come I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), L’armata Brancaleone (1966), La ragazza con la pistola (1968), ma anche di Vogliamo i colonnelli (1973), Amici miei (1975), Un borghese piccolo piccolo (1977) e Speriamo che sia femmina (1986), avrebbe dunque contribuito al superamento di quell’aderenza al cliché della commedia all’italiana sempre riconosciuta, come un’etichetta inscindibile, facendo di Monicelli uno dei padri dell’umorismo filmico aspro, acuto e graffiante.

«La commedia all’italiana è stata per lo più un fatto generazionale, un periodo felice per il nostro cinema caratterizzato da una generazione che si era formata durante il fascismo, tecnicamente e culturalmente, e che, attraverso l’intuito di Rossellini, quando l’Italia era un cumulo di macerie, ha saputo raccontare quel momento con un nuovo linguaggio», aveva detto qualche anno fa Monicelli. «Quella generazione voleva davvero rifare l’Italia, rasa al suolo dal fascismo e dalla guerra. Tutto ciò è stato compiuto con grande piacere e in amicizia, in simbiosi fra noi autori. E quando dico autori non intendo solo i registi, ma anche gli sceneggiatori, gli attori, gli scenografi e i costumisti. Vivevamo quella stagione in piena libertà, senza gelosie e ripicche. Con Risi, Age e Scarpelli, De Bernardi, Benvenuti ci frequentavamo parecchio».

«Comunque la commedia all’italiana non l’abbiamo mica inventata noi, negli anni Cinquanta», aveva aggiunto. «È sempre esistita, quindi è sempre attuale ed esisterà sempre. Viene da molto lontano, viene dal Boccaccio, dal Macchiavelli, dalla "Mandragola", dal "Ruzante", dalla commedia dell’arte, è la maniera di ridere e divertirsi su temi che non sono comici, ma al contrario, drammatici, talvolta anche tragici. Questa è la commedia all’italiana. Tra i registi dell’ultima generazione, poi, chi si è avvicinato di più a questo stile è stato Salvatores, che ha fatto cose egregie, finemente italiane, e Paolo Virzì. Anche l’Archibugi, in certi momenti. Ma pure Soldini e Muccino».

Tra i tanti meriti del cinema di Monicelli, anche quello di avere fatto cambiare “identità” ad alcuni celebri attori: «Vittorio Gassman mi ha dato la possibilità di trasformarlo da attore teatrale, drammatico, direi addirittura shakespeariano, a interprete comico. E ha contribuito a regalarmi, con la sua bravura, molti dei risultati che ho ottenuto. Di Gassman ho un ricordo indimenticabile, come per Sordi, del quale ho contribuito a maturare il percorso opposto, da attore comico a interprete quasi tragico, in certi frangenti. Idem con la Vitti, che ho trasformato da attrice sofisticata e drammatica, nei film di Antonioni, a interprete di commedia con La ragazza con la pistola. E lo stesso dicasi per Tognazzi, attore di grandissima classe».

Frammenti di un’epoca d’oro del nostro cinema. Scampoli di memoria di un narratore ironico del quotidiano dietro al quale si celava un meticoloso architetto della mise en scène cinematografica. Capace di giocare con gli stili, i generi e la storia come solo i grandi sanno fare. E pure divertendosi.

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