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Cultura e Spettacoli

Storia astigiana e proverbi in dialetto
nel nuovo libro di Paolo Raviola

«Chi non ha consapevolezza della cultura del luogo in cui vive, fatica ad accettare l'identità altrui». Parola di Paolo Raviola, che al contrario la cultura astigiana la conosce molto bene. E

«Chi non ha consapevolezza della cultura del luogo in cui vive, fatica ad accettare l'identità altrui». Parola di Paolo Raviola, che al contrario la cultura astigiana la conosce molto bene. E con il suo nuovo libro "È partij a culùmba" (Promo Pubblicità Edizioni, 118 pagine, 20 euro) intende diffonderla anche tra chi è astigiano da poco, oppure non ha mai sentito la necessità di scoprire le sue radici. Dopo essere stato mostrato nel fine settimana a Villafranca, giovedì alle 18 il libro verrà presentato in Municipio ad Asti durante una chiacchierata con lo scrittore e regista Livio Musso.

Classe 1953, Raviola si definisce un "paisan" ma ha lavorato come giornalista fin da giovanissimo. Figura nota anche nel mondo del Palio, ha dedicato alla corsa tre volumi. Ma questa volta a muovere la sua penna è stata una passione diversa: «Sentivo il dovere di raccontare l'essenza del nostro territorio, per sapere da dove partiamo e costruire su queste basi una nuova cultura. Perché tra dieci o vent'anni il mio sogno è che anche un extracomunitario voglia e possa diventare capitano del Palio». "È partij a culùmba" si propone come un breve compendio di storia locale, a partire dall'epoca napoleonica, fino alla visita del ministro Scelba che nel 1961 inaugurò il Palazzo della Provincia.

In mezzo, spaccati di cultura popolare nei quali Raviola racconta, ad esempio, le vicende che portarono il territorio a essere chiamato "pruvìncia dla cavágna". «Il dialetto è solo uno strumento, un punto di partenza. L'appendice di modi di dire che si trova nel libro è una collezione di espressioni astigiane estremamente efficaci. E capita di cogliere riferimenti a momenti storici, come tutti quelli legati alla guerra di Crimea, come "cernaja" e "bajet".» Ma il libro andava fatto in italiano, conclude l'autore, per poter parlare a chi vuol sentire più suo questo territorio. Ora nella testa di Paolo Raviola ronza già una nuova idea, il racconto di come Asti è decaduta: «Voglio ricostruire sulle pagine la società che la nostra generazione ha distrutto».

e.p.r.

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