«Questo spettacolo lo dovevo, a Don Bosco. Sono cresciuto con lui, mia nonna Rosa Ferrero è stata confessata da lui, nel momento più difficile della mia vita i salesiani mi hanno offerto aiuto e la
«Questo spettacolo lo dovevo, a Don Bosco. Sono cresciuto con lui, mia nonna Rosa Ferrero è stata confessata da lui, nel momento più difficile della mia vita i salesiani mi hanno offerto aiuto e la dignità di un lavoro così come lui ha sempre fatto con i ragazzi di Valdocco». Una dedica specialissima quella che Renzo Arato ha fatto sabato sera in un teatro del Colle Don Bosco gremito di persone al termine dell'anteprima del suo ultimo spettacolo: Un'Ave Maria e un pezzo di pane.
La data scelta è stata quella della vigilia della Madonna del Rosario, tanto cara a don Bosco e all'inizio di un mese, quello di ottobre, che si chiuderà con una grande Camminata dei Santi con inizio all'Abbazia di Vezzolano e arrivo al Colle Don Bosco. «Da aprile a stasera il testo è stato riscritto quattro volte -ha confidato l'attore al pubblico prima di congedarlo con la storiella della buonanotte come era abitudine di Don Bosco perchè è stato un personaggio così grande che scivolare in un errore storico era facilissimo. Ma è una persona che ho dentro e raccontarlo è stata una grandissima gioia».
Non è la prima volta che Arato veste i panni del grande Santo di Castelnuovo, ma questa volta lo ha fatto in un recital di grandissimo impatto emotivo capace di raccontare la vita di Don Bosco con una forza narrativa che trasforma una biografia in una storia. Solo sul palco, Arato interpreta un Don Bosco maturo, forse già anziano, che ripercorre tutta la sua straordinaria esperienza di sacerdote indulgendo in ricordi che si mischiano ai sogni (proprio lui il prete dei sogni per eccellenza). Rivedendo i suoi amici dell'infanzia, i suoi primi numeri da giocoliere davanti al pubblico di ragazzini dei Becchi, l'albero della cuccagna di Montafia.
Nelle sue memorie un posto di primo piano se lo guadagna, a ragione, la madre, Margherita Occhiena che Don Bosco ringrazia la Madonna di avergli messo accanto. Commoventi le parole e i sentimenti che quel Don Bosco ormai affermato riserva ai ricordi della sua madre, la maestra di vita e di preghiera della quale aveva ancora ben viva l'emozione di una carezza. Nella sua lunga notte di memorie, Don Bosco ricorda i tanti incontri importanti della sua vita: quello con Bartolomeo Garelli, il primo ragazzino che ha aiutato e che ha segnato la strada della sua missione. E poi la marchesa di Barolo, sua benefattrice, Domenico Savio, don Michele Rua.
Nei suoi ricordi di uomo anziano affiorano i ricordi della sua visita alla Generala, il carcere minorile dell'epoca e la sua indignazione nello scoprire come i ragazzini venissero sfruttati soprattutto nella realizzazione della Torino sabauda che voleva far concorrenza alla magnificenza di Parigi. Ragazzini malnutriti, maltrattati, sottopagati, sempre in pericolo su ponteggi e tetti: tutta l'anima che si rivelerà nel suo operato di Santo sociale.
Non mancano i momenti di sorriso ed ironia, come l'esilarante imitazione delle benefattrici torinesi che lo aiutavano nel sostegno ai suoi oratori o i piccoli trucchetti di pubbliche relazioni imparati per ottenere qualche fondo in più da spendere per i suoi ragazzi. «Io non credo nelle grandi battaglie di principio utopistiche, preferisco fare subito piccole cose per aiutare chi soffre adesso, senza aspettare i cambiamenti dei massimi sistemi».
Arato, attore cresciuto in casa, come lo ha presentato don Egidio Deiana, ha fatto un grande regalo a tutti coloro che amano Don Bosco perchè ha saputo trasmettere l'emozione ad una storia che tutti conoscono benissimo e che ogni volta si rivela sempre più attuale.
Daniela Peira