AstiMusica va sul sicuro e per la data inaugurale della sua 21^ edizione punta sul gipsy jazz (o jazz manouche), oggetto negli ultimi anni di una diffusa riscoperta popolare. Così dopo una mezzora di ballate
Astimusica va sul sicuro e per la data inaugurale della sua 21^ edizione punta sul gipsy jazz (o jazz manouche), oggetto negli ultimi anni di una diffusa riscoperta popolare. Così dopo una mezzora di ballate e storie raccontate in musica dal cantautore genovese Geddo, il cortile del Michelerio si immerge nelle atmosfere europee degli anni ’30 rispolverate dal trio torinese Accordi Disaccordi.
Formazione standard, due chitarre (Maccaferri, come tradizione comanda) e contrabbasso, Berlucchi e soci offrono alla nutrita platea accorsa un’ora e mezza di melodie, ritmi e cadenze che il tempo sembra non aver scalfito per nulla. Raccontano al pubblico la nascita del manouche, le radici gitane di un genere il cui padre putativo, Django Reinhardt, codificò sposando per la prima volta i suoni della sua cultura di provenienza con il jazz di matrice americana. Uno swing inedito per l’Europa della prima metà del Novecento, che soprattutto in Francia ebbe grande fortuna nell’incontro con la tradizione del valse musette.
E questa sera il Michelerio profuma un po’ di una Parigi in bianco e nero dove, tra una Les Yeux Noirs e una Dance Norvegienne, a spiccare è il virtuosismo dei musicisti in scena, peculiarità che del manouche finisce spesso per premiare gli aspetti meno genuini. Poco importa, in un misto di meraviglia e ammirazione gli ex busker Accordi Disaccordi sono praticamente perfetti, tanto nei riarrangiamenti dei classici quanto nell’esecuzione di piacevoli composizioni inedite, regalando alla platea un finale dal sapore cinematografico con il celebre Minor Swing introdotto da un’inattesa versione strumentale del tema di Californication dei Red Hot Chili Peppers.
Giù il cappello: il debutto di Astimusica 21 è da applausi.
Luca Garrone