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Cultura e Spettacoli

Un caffè con Carlo Massarini «Quella volta
intervistai Bob Marley e lui fumava»

Il telefono squilla per annunciarmi che incontrerò Carlo Massarini al Teatro Alfieri alle 16 di un pomeriggio di fine estate. Giornalista che ha la musica nel sangue, si muove con abilità dalla

Il telefono squilla per annunciarmi che incontrerò Carlo Massarini al Teatro Alfieri alle 16 di un pomeriggio di fine estate. Giornalista che ha la musica nel sangue, si muove con abilità dalla televisione alla radio, dalla carta stampata al mondo della fotografia e nei primi anni '80 è stato il conduttore di Mr. Fantasy, il programma di Rai Uno dedicato alla musica, il primo ad avere introdotto in tv i videoclip musicali e ad avere trasmesso in anteprima video internazionali. A Mr Fantasy, il cui nome è tratto dall'album del gruppo inglese Traffic, va anche il merito di avere realizzato i videoclip di numerosi artisti italiani.

Da questa fortunata esperienza, Carlo Massarini ha realizzato il libro "Dear Mr Fantasy", il foto racconto di un'epoca musicale (1969-1982) in cui "tutto era possibile", da cui ha tratto a sua volta ispirazione per realizzare la mostra fotografica allestita al teatro Alfieri e presentata in "Rosebud- schegge di tempo perduto", il viaggio tra parole e musica, ideato da Massimo Cotto e giunto quest'anno alla sua seconda edizione. Una stretta di mano cordiale e una breve presentazione e subito ci sediamo sulle sedie di velluto rosso del teatro vuoto, bellissimo. Iniziamo a chiacchierare e gli domando quali sono le sue schegge di tempo perduto che ha portato con sé qui ad Asti.

"Le mie schegge sono dentro a questa mostra, una vera capsula temporale che arriva da un'era musicale in cui tutto era possibile. Tutto era diverso da oggi e molti ragazzi non lo sanno. Io ho un senso di prospettiva molto forte e penso che se non si conoscono le origini delle cose, si capisce meno il loro valore attuale e dove potranno andare nel futuro. Questo senso storico c'è nella mostra, ci sono personaggi che facevano una musica diversa e imprevedibile, in cui non c'erano barriere, in cui si incorporava tutto rock, jazz, blues, falk, era una musica che voleva stupire non rimanendo mai la stessa." Carlo Massarini ha fotografato i grandi del rock, riuscendo a salire sui palchi di mezzo mondo, raggiungendo le star nei backstage e ha avvicinato artisti di fama internazionale. Oggi è molto difficile riuscire a parlare con un artista perché tutto è filtrato da tour manager e uffici stampa, infatti Carlo mi dice che "da un punto di vista di contatto umano le condizioni sono molto peggiorate. La musica è diventata un'industria con tutte le sovrastrutture necessarie al suo funzionamento. Nell'epoca dove tutto era possibile, c'era una grande disponibilità dell'artista a farsi avvicinare e coinvolgere."

E' chiaro come l'approccio alla musica sia cambiato e come dice bene Carlo Massarini, "una volta si faceva musica per creare, ai tempi nostri si fa musica per vendere" e se è possibile provare nostalgia per un'epoca che non si è vissuta a me è successo in questo momento. Per realizzare il suo libro, Carlo ha scansionato oltre 15.000 fotografie che rappresentano la sua storia dall'inizio, quando con la macchina fotografica di suo padre incominciava a fotografare i grandi della musica e trepidante di attesa portava a sviluppare le foto per poi ritirarle il giorno dopo e guardare se erano venute bene. Insomma, c'era un rapporto con le immagini che ha qualcosa di romantico. Come avrà scelto tra tanto materiale le foto per una mostra? "Alcune sono le più belle per via del personaggio e del contesto. Per esempio la foto di Leonard Cohen che tiene una Lectio Magistralis alla Sapienza di Roma è un frammento storico prezioso perché il contesto è unico e irripetibile"

Se ti lasci coinvolgere dalle foto della mostra, immaginandone il momento in cui sono state scattate, c'è tanto rock da fare girare la testa. La foto di un giovane Freddie Mercury, il cantante dei Queen, è quella che mi colpisce più di tutte. Mi chiedo allora quale sia stato l'incontro che Carlo Massarini ricorda con più affetto e ovviamente glielo domando."Quello con Bob Marley è stato un incontro particolare, il concerto era a Londra e io arrivai tardi. Ero disperato di non potere entrare. Poi il manager mi fece entrare nel backstage e dalla disperazione passai all'euforia di trovarmi Marley davanti con i dreadlocks che volavano! Riuscii a sapere dove alloggiava e il giorno dopo bussai alla sua porta per chiedergli un'intervista, lui mi rispose: "Perché no?". Prima siamo andati a giocare a pallone, poi lui andò a casa a meditare, studiava due ore al giorno la Bibbia. Nel pomeriggio mi chiamarono per l'intervista. Parlava un dialetto giamaicano che diventava ancora più incomprensibile quando fumava (e fumava!) e la lingua s'impastava. L'energia che emanava l'uomo era impressionante, davvero avevo la sensazione di stare davanti ad un grande uomo, al di là del cantante."

Chiedo a Carlo se nella sua carriera ci sia qualcuno che l'ha deluso e mi risponde così: "Sarebbe meglio non conoscere i tuoi artisti preferiti perché la cosa peggiore è che tu possa scoprire che la persona che credevi illuminata sia in realtà un perfetto st?!Penso però che i grandi artisti, quelli che riescono a cogliere le sfumature della vita, non siano delle persone normali ma persone con delle chiusure, con delle paranoie." A proposito di queste paranoie e manie a Carlo Massarini sarà capitato di avere dei timori a intervistare certi mostri sacri. "Per esempio con Frank Zappa qualche timore l'avevo perché lui e gli altri erano soliti rispondere in modo sarcastico e mi è capitato di temere di non fare la domanda giusta. Ora che ho più mestiere e più consapevolezza di me incontro chiunque e riesco a trovare l'approccio giusto, mi viene in mente a questo proposito l'intervista che feci a Johnny Winter". Carlo mi racconta che fu una delle ultime interviste di Winter, molto provato dalla vita, da anni di dipendenza, per lui mito assoluto. Gli avevano detto di non fare l'intervista, che non sarebbe riuscito a cavarne nulla di buono, lui la fece lo stesso.

Coinvolse anche il suo chitarrista e riuscì a realizzare una buona intervista e aggiunge: "Rompere con una risata è importante, io alla fine gli dissi che lui era stato il primo a entrare nella Hall of Fame del blues, prima di Bloomfield ed Eric Clapton, Winter rise di gusto e mi disse: Hai visto? Li ho fregati!" Questa dimensione "di vicinanza" con gli artisti sembra sia andata perduta e oggi in tv non c'è più Mr Fantasy, ma proliferano i talent. "I talent, sono dei premi per dei cantanti, non per autori o artisti a tutto tondo. Dovrebbero essere una delle cose che esistono, invece è il prodotto dominante per quel che concerne la musica in tv. Io ho vissuto da sempre la musica come una forma d'arte contemporanea, la mia educazione musicale è stata su Rolling Stones, una rivista per cui la musica non era solo tappezzeria per le orecchie ma qualcosa di più. Oggi mi sembra manchi la capacità di raccontare storie, è quella la maniera giusta di raccontare la musica perché è la storia che porta al prodotto finale."

Le foto invece sì che sanno raccontare una storia o meglio, molte storie di musica e di artisti entrati nella leggenda. Vorrei sapere se con qualcuno di loro è nato un legame d'amicizia. "Amicizie? Molte. Alcune concentrate in un dato periodo altre no. Con Venditti, Bennato, Finardi? sono stato molto amico anche di Jackson Brown, è stato un rapporto con molti alti e molti bassi. Gli artisti hanno la capacità di avere una visione del mondo interessante, possono aprire delle porte, dei mondi. Questo è quello che ti possono dare se li frequenti ed è questo che ha fatto la musica per me." Una porta, su quelle schegge di tempo perduto, su quell'epoca dove era possibile anche giocare a pallone con Bob Marley, passando nel backstage di un concerto dei Rolling Stones, Carlo Massarini con questa intervista l'ha aperta anche a me.

Alessia Conti

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