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Un caffé con Enrico Ruggeri«Qualcosa di strano mi lega ad Asti»
Cultura e Spettacoli

Un caffé con Enrico Ruggeri
«Qualcosa di strano mi lega ad Asti»

“Ho appena compiuto 56 anni ma non li sento perché mi diverto facendo ciò che facevo a vent’anni. In fondo, se ci pensi, il mio è un mestiere che è davvero capace di fermare il tempo”. Con

“Ho appena compiuto 56 anni ma non li sento perché mi diverto facendo ciò che facevo a vent’anni. In fondo, se ci pensi, il mio è un mestiere che è davvero capace di fermare il tempo”. Con questa frase il cantautore Enrico Ruggeri mi saluta, sorridente, in una pausa del sound check del concerto astigiano svoltosi ad inizio giugno al Palco19. Ho avuto il privilegio di assistere ad una parte delle prove della performance che si terrà da lì a poche ore e l’artista sembra soddisfatto sia della band che lo accompagna sia della sua inconfondibile vocalità. Dopo un’intervista al telefono con un’emittente radiofonica piemontese, arriva finalmente il mio turno. Gli propongo di andare a prendere un caffè oppure un aperitivo in un bar ma “caffè ne ho già presi tre e per l’aperitivo è troppo presto” mi risponde garbatamente ma in maniera decisa Enrico che dunque preferisce accendersi una sigaretta e fare quattro chiacchiere sotto il gazebo dello spazio fumatori all’esterno del locale di via Ospedale. Sceglie di stare qui anche perché, come ci ricorda la tour manager Arianna, a breve bisogna ricominciare le prove generali.

“Guarda cosa è venuto fuori: dovevo scrivere ti chiamo a fine pomeriggio e invece ho scritto a fine pedrorengr” ridacchia lui mentre, bisticciando con il metodo di scrittura intuitiva, mi mostra il display del suo telefonino dal quale sta inviando un sms ad un amico. Rimette in tasca il cellulare e parliamo del tempo che scorre e della sua vita artistica: “Pensa che quando registrai il primo disco mi auguravo di riuscire a fare questo mestiere per cinque o sei anni e poi, come si usa dire, l’appetito vien mangiando e gli anni sono ormai diventati più di trenta. Però la cosa bella è che faccio esattamente ciò che sognavo di fare da ragazzo quando ero spavaldamente e pericolosamente sicuro che la musica sarebbe stata la mia vita. E pensare che mi sarebbe bastato fare il tecnico del suono o il giornalista musicale anche se la speranza era proprio quella di vivere l’avventura da protagonista e devo dire che il destino con me è stato molto benevolo”. Un destino di cui Enrico è stato artefice instancabile e tenace fin da quando iniziava a muovere i primi passi nel panorama musicale italiano con i Decibel, intorno ai vent’anni, dopo che già da adolescente, con i Josafat, si era misurato con le cover dei pezzi progressive allora in voga.

Un lungo cammino che nel corso del tempo è proseguito senza sosta spaziando anche in ambiti differenti da quello musicale come la letteratura e la conduzione di programmi televisivi, due mondi nei quali il Rouge (come lo chiamano i fans) ha compiuto frequenti incursioni specialmente negli ultimi anni. Lo scorso inverno, ad esempio, è uscito per Baldini & Castoldi il suo ultimo romanzo dal titolo ‘Non si può morire la notte di Natale’ mentre in tv lo si ricorderà sui canali Mediaset al timone di ‘Mistero’, trasmissione sui fenomeni paranormali intitolata proprio come la sua celebre canzone vincitrice di Sanremo ’93, o anche su Rai 2 alla conduzione di X-Factor nel 2010. Solo qualche settimana fa, invece, è arrivato nei negozi di dischi ‘Frankstein’, l’ultimo cd che in realtà non è un semplice disco ma un libro-cd in stile concept-album basato sull’omonima opera di Mary Shelley. Insomma, un’altra scommessa nella carriera di Enrico.

“Sai, sono entrato in studio di registrazione per la trentunesima volta e quindi il pericolo di ripetersi era forte ma mi riempie d’orgoglio quando i miei fans mi dicono che riesco ancora a sorprenderli. E anche quando mi dicono che non dimostro la mia età mi fa piacere, non posso negarlo! Comunque personalmente, a livello artistico, mi serve parecchio prendere delle pause dalla musica e dedicarmi ad altre attività come scrivere un romanzo oppure condurre programmi televisivi o ancora giocare a pallone con la Nazionale Cantanti di cui sono presidente. Questo variare di attività ed impegni mi aiuta a farmi credere che quello che sto facendo è una novità e mi consente poi di tornare a suonare con un entusiasmo maggiore e una creatività nuova che cerco di rendere pure nei miei live”. A proposito di live, stavolta Ruggeri ha scelto proprio Asti per cominciare il tour che in queste settimane sta girando l’Italia. Tuttavia nel Monferrato il cantautore di origine milanese torna spesso anche per via delle origini della moglie Andrea Mirò, al secolo Roberta Mogliotti, che, per l’appunto, è di Calliano.

“Tra l’altro vorrei fare un po’ di polemica: perché lei che ha pubblicato sette album ed è una bravissima musicista non viene mai chiamata a cantare qui nell’Astigiano? Credo che Massimo Cotto potrebbe tenerla maggiormente in considerazione”. Inoltre Asti, e in particolare il Diavolo Rosso di piazza San Martino, è stata la location scelta da Enrico per girare il video di ‘Diverso dagli altri’ (singolo di lancio dell’ultimo disco) alla cui realizzazione hanno preso parte Ale & Franz ed alcuni giovani attori astigiani allievi di scuole teatrali del territorio. “Asti rientra sempre nella mia vita artistica e personale. Qua vengo sempre volentieri pure per ragioni extra musicali: ad esempio l’unica volta nella mia vita che ho scelto di fare del vino ho avuto come partner il vulcanico Paolo Frola, che è di Rocchetta Tanaro. Poi recentemente mi è stato presentato Fabio Gallo con cui si è creato un bel feeling ed ora è il mio ufficio stampa. Non sapevo che Fabio fosse astigiano e quando me l’ha comunicato ho pensato che c’è un qualcosa che mi lega alla vostra città, sarà destino”. La chiacchierata si snoda piacevolmente e l’orario delle prove generali (e dell’esibizione) si avvicina.

“Prima dei live non vedo l’ora che arrivi il momento di iniziare a suonare” mi confida Ruggeri “non che abbia timore però l’attesa che vivo prima dei miei concerti la potrei paragonare a quella dell’incontro amoroso. Sai, è come quando stai aspettando una ragazza e allora sei un po’ eccitato, un po’ spaventato, un po’ incuriosito e vuoi solo che lei arrivi. Ecco, la stessa cosa la sento io in occasione delle mie esibizioni musicali. Il momento più difficile è quando tutto è pronto ma devo aspettare ancora qualche minuto… Dalle 21,15 alle 21,30 è il quarto d’ora più lungo di tutta la giornata”. A un professionista così da tanto tempo sulla cresta dell’onda non posso fare a meno di chiedere un consiglio per i giovani che iniziano a fare musica. “Oggi è più difficile di trent’anni fa quando ho cominciato io però sicuramente un suggerimento che potrei dare ad un giovane musicista è quello di non copiare, di differenziarsi. Infatti la maggior parte delle cose che ricevo dagli esordienti assomigliano a un qualcosa che c’è già ed invece una delle leggi fondamentali nel nostro ambiente è che arrivano e durano coloro che vanno a colmare un vuoto, differenziandosi dalle proposte musicali già esistenti”.

Un po’ quello che sta facendo il figlio maggiore Pico, ventitreenne, che ha scelto di fare il musicista come l’illustre genitore. “E’ facilmente immaginabile: la vita di uno che è il figlio di Ruggeri già di per sé non è facile. Però lui fa una musica più difficile della mia avendo scelto di suonare uno stile molto particolare a metà tra il rap e Frank Zappa. E’ al suo secondo album, il suo nome d’arte è Picorama, ti consiglio di sentir qualche sua canzone, come Cani Bionici, poiché dal punto di vista musicale è parecchio interessante. Anche perché credo che Pico sia l’unico rapper qui in Italia che fa delle robe complicate! Però, cosa vuoi, come diceva Mick Jagger: i figli basta che non si facciano male e poi facciano cosa vogliono”.

Bartolo Gabbio

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