L’attrice, ospite della rassegna “La seduzione dello sguardo” ha parlato della sua carriera e del primo film che ha firmato nel 2013, Miele
Una calda accoglienza quella che ha ricevuto Valeria Golino da parte della città di Asti in occasione dell’appuntamento di sabato sera a Teatro Alfieri. È iniziata così la rassegna “La seduzione dello sguardo”, organizzata dal Comune e dal circolo cinematografico Vertigo.
L’assessore alla Cultura Massimo Cotto ha descritto brevemente il fulcro dell’incontro: «E’ bello quando la parola è al centro». La parola, infatti, ha accompagnato il dialogo fra l’attrice partenopea e i due critici cinematografici Paolo Perrone e Anna Pasetti. Fascino innato, voce calda e bellezza particolare: queste caratteristiche non sono passate inosservate al pubblico, che ha ascoltato ammaliato. «Sono una persona normale, ma porto in me un’irrequietezza che può servire ai personaggi che interpreto»: sta qui, forse, il segreto della carriera internazionale dell’attrice.
Due volte premiata a Venezia, ha anche recitato nel ruolo di Susanna in “Rain Man”, al fianco di Dustin Hoffman e Tom Cruise. «Se penso a come ho fatto quel film mi vergogno: ero molto indisciplinata. Non studiavo le battute. Poi il regista mi ha sgridata e allora ho cominciato a studiare». Le domande dei critici sono poi passate a uno dei temi principali della serata: Valeria Golino regista. Il suo primo film da regista è stato “Miele”, del 2013, liberamente tratto dal libro “Vi perdono” di Mauro Covacich. «Diciamola tutta: pensavo che fosse un argomento cinematografico, non solo per il suo senso civile».
L’argomento è la morte: «La morte è ovunque, viene spiattellata in modo violento e perverso. Volevo che il film fosse estetico ma non estetizzante». La protagonista del film, Miele, come lavoro aiuta i malati a morire, in un Paese- la nostra Italia- forse ancora troppo tradizionalista per ammettere l’ipotesi dell’eutanasia. «I produttori mi hanno detto tutti di no, anche cari amici. Non nascondiamocelo: se alla regia ci fosse stato un uomo forse sarebbe stato diverso». Quello che è certo è che la città di Asti ha omaggiato volentieri Valeria Golino con il Sigillo d’Oro della Città, datole da Massimo Cotto al termine dell’intervista. Il suo esordio alla regia è stato molto apprezzato dalla critica cinematografica. Si tratta di un film particolare, in bilico fra la denuncia e il divertissement. È stato infatti studiato per non essere troppo pesante: «Volevo che lasciasse anche leggerezza e dolcezza».
Ricorda molto i film drammatici francesi; non è facilmente inseribile nella produzione del cinema italiano. All’intervista è seguita la proiezione di “Miele”, ricco di suggestioni per l’attualità del tema. Il pubblico ha applaudito energicamente.
Elisabetta Testa