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Cultura e Spettacoli

Vittorio Sgarbi: una vita intensa
tra arte, donne e provocazione

Questo incontro inizia dal suo retroscena. Meglio sarebbe dire, dietro le quinte del Teatro Alfieri dove attendo Vittorio Sgarbi insieme ai colleghi di altre testate. I minuti passano e del divo della

Questo incontro inizia dal suo retroscena. Meglio sarebbe dire, dietro le quinte del Teatro Alfieri dove attendo Vittorio Sgarbi insieme ai colleghi di altre testate. I minuti passano e del divo della serata neanche l'ombra. In teatro si mormora che lui sia solito arrivare pochi minuti prima dell'inizio del suo spettacolo, ne segue uno scambio di sguardi preoccupato tra chi vorrebbe intervistarlo e pensa che non ci sarà abbastanza tempo. Poco importano gli accordi presi. Nel frattempo il pubblico sta prendendo posto in platea e nei palchi. Mentre pensieri disfattisti si affollano nelle menti di chi attende, ecco apparire un salvifico Mario Nosengo. Ci annuncia che Vittorio Sgarbi si trova al bar di fronte. In fretta e furia usciamo dalla porta dietro le quinte e ci precipitiamo nel locale. Il nostro divo sta mangiando un gelato, accanto a lui una bella signora. Vittorio Sgarbi ci fa accomodare di fianco a loro.

Da qui inizia una navigazione tumultuosa, con un capitano di vascello che cambia spesso rotta, toni ed espressioni. Non senza imbarazzo, mentre guarda altrove gli domando perché, di tutti gli artisti, ha scelto proprio Caravaggio su cui incentrare il suo spettacolo. A quel punto si volta e con quel suo tono volutamente polemico mi dice: "E chi dovevo scegliere?". Cambia leggermente registro quando decide di proseguire così la sua risposta: "Intanto qui siamo quasi al centro della questione perché Caravaggio nasce ad Alba, nel senso che il critico che gli ridà vita dopo il lungo silenzio in cui era stato celato fino al 1915-1920 è Roberto Longhi di Alba. Ad Alba magari non ci sarà un teatro come il teatro Alfieri – Non ce ne vogliano i cugini del Teatro sociale di Alba, penso io – e quindi abbiamo scelto Asti. Questo è il battesimo, è nato ad Alba e viene battezzato ad Asti."

Con un sorriso provocatorio poi aggiunge: "Fosse per me avrei già finito perché devo fare 40 serate e non è che posso rompermi i….. ? ometto la parola – a parlare duecento giorni all'anno di Caravaggio. Cambio ogni volta ciò che dico però tra un po' mi starà pure sui……… ? ometto ancora la parola che è sempre la stessa di prima – Però mi racconta la genesi del suo spettacolo . "L'inventore di questo spettacolo è il produttore di Travaglio che, suggestionato da quanto gli ha detto proprio il giornalista: "Quando parla di altre cose Sgarbi lo odio, ma se parlasse d'arte andrei a sentirlo", si è molto applicato e ha inventato questa tournée che mi pare abbia 50 serate. Ne ho già fatte sette e sto già agonizzando."
Torno su Caravaggio. Il suo tono allora si fa più serio così come la sua espressione. "Il dato reale di Caravaggio è che è esattamente contemporaneo, non ha bisogno di attualizzare i suoi soggetti, sono già perfettamente corrispondenti alla nostra sensibilità. Se dovesse dipingere un quadro ai giorni nostri lo dipingerebbe nello stesso modo."

Vorrei che mi parlasse delle affinità che esistono tra Caravaggio e Pasolini. Entrambi artisti, figli di un tempo differente ma delle cui vite e anche della tragica morte, Sgarbi fa un parallelo avvincente nel suo spettacolo. Domanda: Vittorio Sgarbi che cosa hanno in comune Caravaggio e Pasolini? "Tutto. Però se lo dico adesso poi lo devo ripetere in teatro." Dandomi del tu mi dice: "Guarda il primo blocco dello spettacolo così non rompi." Perfetto. Incasso ma insisto. Gli dico che pensando a Pasolini mi viene in mente l'ultima intervista che gli fece Furio Colombo. "Siamo tutti in pericolo" fu il titolo scelto. Se, con le dovute proporzioni e differenze, rapportiamo il titolo di quell'intervista al contesto attuale sembra adattarsi bene. Per Vittorio Sgarbi è così? "I pericoli sono tanti. E' evidente che il mondo come lo vede Pasolini è pericoloso e minaccioso non per la sicurezza, ma per i valori e per l'identità stessa dell'uomo. Quell'intervista era corrispondente a uno stato di malessere rispetto a quello che il nostro tempo aveva cancellato. Quello che più ancora di Pasolini ha rappresentato questo stato d'animo è un filosofo che si chiama José Bergamìn che ha scritto un libro che ho fatto ripubblicare da Bompiani: "Decadenza dell'analfabetismo". L'analfabetismo in questi autori era un valore rispetto all'alfabetizzazione forzata che omologa tutti. Pasolini rientra tra i pensatori che hanno l'idea di un tempo che non progredisce ma "degredisce"".

Una ragazza ci interrompe. Proprio ora che si navigava a vele spiegate con un vento favorevole. Gli chiede un autografo e lui, un po' gentile e un po' narciso glielo concede. Vittorio Sgarbi scrive il nome della ragazza e poi legge ad alta voce la dedica: "Molto delicata e sicura ad Asti." Lei gli dice che il suo compagno tempo fa aveva fatto una foto con lui. Sgarbi divertito le domanda: "E com'è questo fidanzato? E' un sentimentale, si comporta bene?" Non c'è che dire. Cambia tono e registro continuamente tanto da farti venire il mal di mare e puoi non essere d'accordo su nulla di quello che dice e sul modo in cui lo dice, ma sei comunque costretto a seguirlo nel percorso dei suoi ragionamenti, perché quando parla seriamente è ammaliatore. A riprova di questo, fuori c'è un teatro gremito. Vittorio Sgarbi è molto attivo sui social e uno dei suoi post recenti ha avuto un grande successo di condivisioni. Il post recitava così: "Capre che non siete altro, essendo sabato, invece di andarvi a rinchiudere in orrendi centri commerciali per comprare orrendi capi d'abbigliamento realizzati in Cina, visitate un museo."

Dico a Vittorio Sgarbi che il suo essere "diretto" sembra piacere alla gente e il successo dei suoi post lo dimostra. Ma voglio sapere se non si è mai pentito almeno una volta di esserlo stato troppo. Ride, si sistema i capelli con il suo classico gesto e mi risponde: "No, sono il recordman delle querele, ne ho 490. Se mi fossi pentito me ne sarei risparmiato qualcuna e invece?". Con piglio deciso e il sorriso tipico di "chi la sta per fare" continua e mi dice: "A Travaglio ho dato 75.000 euro divisi in due parti. Una quando da Santoro gli diedi del pezzo di m…. – ometto la parola che anche in questo caso mi pare molto chiara – per una polemica che era nata, allora lui mi querelò e ottenne 35.000 euro. Dopo andai in un'altra trasmissione in cui mi dissero: "Insomma Sgarbi, bisogna controllarsi, lei è pentito di ciò che ha detto a Travaglio?" E io ho risposto: sì, sono pentito. Non è un pezzo di m? è una m? intera! E gli ho dato altri 40.000 euro. Quindi questa è la risposta alla tua domanda."
Per quanto mi riguarda la risposta è decisamente esaustiva. Ma anche per Vittorio Sgarbi ci sarà qualcosa per cui valga la pena emozionarsi in positivo. Glielo domando e si fa serio. "Mi emozionano le scoperte. In generale le opere d'arte che scopro e ogni settimana ne devo scoprire una per il corriere, è una gara dura". Ed ecco che gli compare ancora sul viso quel sorrisetto sarcastico che annuncia la battuta. "Poi in generale le donne. La prossima mi appassionerà di più. La mia donna ideale è la prossima".

Sgarbi, viva la sincerità. Lo tento con la sua prima passione e parliamo della cultura in Italia, della mancanza di fondi e del ricorso agli sponsor. Interviene con tono possibilista: "Beh, Il Ministro ha fatto l'Art bonus che induce a dare soldi alla cultura anziché in tasse." Ma ecco che il Capitano del vascello cambia bruscamente rotta e accendendosi dice: "Il sistema delle tasse in Italia è così criminale che soltanto la retorica può ritenere che la persona più immorale sia l'evasore. L'evasore è uno dei pochi che merita rispetto perché se devo pagare le tasse per dare lo stipendio a uno come Verdini ? per dirne uno. Io odio pagare le tasse perché so che i soldi che darò allo Stato saranno spesi male. Ad esempio io non voglio contribuire al nuovo palazzo della Regione Piemonte e così all'infinito. Facciamo il Palazzo di Giustizia di Firenze e il museo archeologico non ha la custodia che poi è la causa che ha portato al furto di Verona. Se io devo spendere soldi li spendo nella direzione della logica, se invece pago le tasse li spendono come vogliono questi incapaci, ignoranti. Io credo che chi paga le tasse fa un danno allo Stato perché lo induce a sperperare denaro, quindi l'evasore deve essere guardato come uno che cerca di limitare il danno, perché gran parte della spesa pubblica è inutile o dannosa."

Mi guarda e mi dice: "Avevi mai pensato a questo concetto?". Al mio collega che gli domanda se potremo rivedere Sgarbi in tv in una striscia quotidiana dedicata all'arte risponde: "Può darsi che quando le avranno rubate tutte, commemoreremo le nostre opere d'arte in tv. Mi diranno: "Sgarbi, visto che non abbiamo più niente vuoi raccontarci quello che avevamo?".
Terminata questa traversata in mare aperto, che ha toccato i temi più diversi, Vittorio Sgarbi si dirige in teatro, tra cinque minuti partirà per un altro viaggio. L'unica cosa certa è che ad ascoltarlo, difficilmente ci si annoierà. Prima di uscire si volta e ironico mi dice: "Allora tu vieni in teatro, così sentirai la prima parte dello spettacolo su Pasolini e Caravaggio e avrai la risposta alla tua domanda."

Alessia Conti

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