Ci sono eventi che si ripetono con una certa regolarità e scandiscono in qualche modo il passare del tempo. A febbraio di solito, quest’anno a marzo, l’Italia canora si raccoglie intorno a Sanremo a dispetto di Dio, dei Santi e dei virus. Altrettanto regolare, anche se con una frequenza più ampia, è la pressione che la lobby “Nerone” (quella degli inceneritoristi) cerca di esercitare sui decisori politici e sulle teste di cuoio messe a capo delle aziende che si occupano di gestione del ciclo dei rifiuti. Era qualche anno che lorsignori non si affacciavano nell’astigiano per proporre la tesi miracolistica dei “termovalorizzatori”, sinonimo elegante ma bugiardo utilizzato per non pronunciare il più temuto, ma più corretto, termine di “inceneritori”.
Il Presidente di GAIA tuona, in modo a dire il vero poco originale che fa torto alla sua riconosciuta intelligenza, “il futuro non è buttare rifiuti in discarica”. Vero, il futuro è produrre sempre meno rifiuti ed incentivare l’economia circolare che prevede l’orientamento verso materiali di consumo e di packaging riutilizzabili. E’ davvero singolare che mentre l’UE mette a disposizione montagne di soldi per dare una svolta ambientalista alle sue politiche, attraverso la Next Generation Eu, ad Asti questo si traduca nel rispolverare progetti che, giustamente, erano stati lasciati alla “critica roditrice dei topi” come avrebbe detto il giovane Marx. Chi se la sarebbe aspettata una proposta così proprio in provincia di Asti, il cui sindaco della città capoluogo un annetto fa diceva di auspicare una svolta green e di voler accogliere una buona parte se non tutte le proposte dei giovani ambientalisti del Fridays for Future?!
Sarebbe almeno il caso di fornire all’opinione pubblica, oltre ai titoli trionfalistici, anche qualche informazione utile per farsi un’idea in autonomia. Quali sono i numeri relativi alla raccolta differenziata ad Asti, in Provincia e in Piemonte? Non ci sono margini per il suo incremento? A quale percentuale di raccolta si ambisce ad arrivare? Come si collocherebbe un impianto di incenerimento nel ciclo della gestione locale dei rifiuti? Di quale quantità di rifiuti avrebbe bisogno per essere alimentato? E quale sarà il suo impatto sulle emissioni di inquinanti e sulla qalità dell’aria nella provincia? Non è che per caso per avere sufficiente quantità di rifiuti da bruciare, occorrerà diminuire la percentuale dei rifiuti riciclati o addirittura importarne da altre province? Infine, il rifiuto residuo prodotto nell’astigiano è di tale quantità per cui occorre costruire un inceneritore ad hoc? Questo aspetto appare particolarmente ambiguo: un ciclo dei rifiuti che ha molto residuo non recuperabile denota una raccolta differenziata inefficiente; al contrario, una raccolta efficiente produce un residuo di entità tale da giustificare l’esoso investimento per la costruzione di un inceneritore ad hoc? La nostra impressione è che, piano piano, si stia perdendo una cultura, davvero ambientalista, a favore di una cultura dissipatoria e nociva come quella degli inceneritori.
Oltre all’inceneritore, un evregreen appunto ma non nel senso corretto del termine, qualche tempo va era rispuntata anche l’ipotesi TSO. Quest’ultima da intendersi in modo più appropriato attribuendole il significato dell’acronimo usato in campo sanitario. Per favore, cerchiamo di essere almeno una volta all’altezza delle sfide che ci vengono proposte. Abbiamo un territorio che pur avendo avuto riconoscimenti internazionali importanti è tra i più dissestati d’Italia. Siamo al centro di un bacino antropizzato con i più alti tassi di inquinamento atmosferico. Non sarebbe meglio pensare di utilizzare le risorse che potrebbero arrivare in progetti per la cura del territorio, invece di interventi devastanti come altre tangenziali, o in interventi per il riutilizzo dei materiali di scarto, settore peraltro nel quale GAIA è da sempre all’avanguardia, anziché rilasciare nell’aria che respiriamo altre decine di particelle tossiche che andrebbero a sommarsi alle non trascurabili quantità che già oggi sono assorbite dai nostri polmoni?
Considerato la larghissima condivisione, per non usare altri termini, che ha suscitato l’intervento del neo Presidente del Consiglio alle Camere, cerchiamo di trarre le dovute conseguenze e assumiamo come un mantra da ripetere ogni giorno la sua dichiarazione: vogliamo lasciare un buon pianeta oltre che una buona moneta.
Gruppo consiliare “Uniti si può”