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Economia

Violato: “Abbiamo riaperto, ma la situazione è grave”

Alcuni ristoratori astigiani parlano delle difficoltà che stanno affrontando in questo periodo, tra limitazioni orarie e divieti

«La situazione è grave e ormai compromessa. L’avvicendarsi di possibilità di apertura e decreti di chiusura, tra limitazioni orarie e divieti, sta creando grandi difficoltà a bar, ristoranti e locali in genere. Basti pensare che io, con i miei due locali, ho registrato un calo di fatturato dell’86%. E posso assicurare che questi “numeri” mi accomunano a tanti colleghi».
A parlare è Bruno Violato, titolare del ristorante “Il podestà” e dell’enoteca “La Buta”. E, inoltre, presidente in proroga dell’Associazione albergatori e ristoratori di Ascom Confcommercio.
«A novembre – racconta – ho tenuto chiuso perché ho scelto di non dedicarmi all’asporto. Poi, domenica scorsa, ho potuto riaprire, e devo ammettere di aver lavorato bene. Ma con quali prospettive? Il Governo è già al lavoro per definire una nuova “stretta” per le vacanze di Natale, in aggiunta ai giorni per i quali era già previsto che bar e ristoranti rimanessero chiusi. Per carità, non voglio sminuire l’emergenza sanitaria e le centinaia di morti quotidiani per Covid, mi rendo perfettamente conto della gravità della situazione. Però dico: come facciamo a lavorare senza continuità? Non è solo un problema per l’acquisto dei prodotti freschi (dalla carne alla verdura), ma anche per i numerosi addetti che continuano a lavorare “a singhiozzo”. Se prese singolarmente le nostre attività hanno un numero limitato di dipendenti, considerate insieme, in provincia di Asti coinvolgono, tra titolari e dipendenti, circa 1200 persone».
Violato entra quindi nel merito delle limitazioni in vigore. «La chiusura alle 18, per attività come le mie – continua – impone di rinunciare alla parte principale della giornata, quella degli aperitivi dopo il lavoro e delle cene. Fino all’anno scorso, in questo periodo, i locali erano affollati da persone che si incontravano per gli auguri, dagli amici ai colleghi di lavoro, comprese le vere e proprie cene aziendali, fino ai parenti che avrebbero poi trascorso i giorni di Natale separati. Tutto questo all’ora di pranzo non è possibile, perché la gente ha poco tempo e deve tornare a lavorare nel pomeriggio. Senza contare che lo smart working ha privato da mesi bar e ristoranti di una fetta di mercato, quella legata ai lavoratori in pausa pranzo. Così mi ritrovo ad avere, per forza, pochi clienti, ma a dover pagare tutte le spese, dal riscaldamento alle utenze, fino alle tasse. Le quali, anche se prorogate, saranno comunque da versare. Insomma, tenere aperto in questo periodo, considerando le limitazioni orarie e sapendo che nelle feste ci saranno nuove interruzioni, è più che altro un segnale di speranza. Un modo per comunicare “Io ci sono”, perché un’insegna accesa è sempre meglio di una spenta. Mi domando, quindi, se non sarebbe stato meglio tenerci chiusi fino al 7 gennaio e poi riaprire senza più interruzioni e restrizioni come la scorsa estate, quando comunque, nonostante tutto, siamo riusciti a lavorare».

Gli altri commenti

Loredana e Alessandra Francese

Periodo difficile e faticoso anche per Claudio Strocco, titolare del ristorante “Mariuccia” di Tigliole.
«Non è un bel momento», conferma. «La speranza è che ci lascino lavorare perché, secondo me, se si rispettano tutte le regole e se si usano le dovute precauzioni, il ristorante non è un luogo fonte di particolare contagio. Per quanto riguarda il Natale abbiamo già predisposto un menù da asporto con consegna a domicilio, semplice palliativo in un momento nero. Anche perché tutto il mese di novembre, periodo tra i più ricchi grazie ai funghi e ai tartufi, è andato perso. E allora c’è solo da augurarsi che qualche associazione di categoria punti i piedi e ci eviti una nuova chiusura».
Commenti simili arrivano dal ristorante pizzeria Francese. «Dal punto di vista economico – sottolinea Beppe Francese – la situazione è drammatica. Certamente un’apertura a Natale potrebbe attenuare i danni di una situazione molto difficile per tutti».
Il ristorante si è adeguato alla situazione proponendo la consegna a domicilio. «Se abbiamo tenuto aperta l’attività– spiega – è stato solo per dare un segnale positivo. Diverso il discorso da quando ci hanno permesso di riaprire. Dalla scorsa domenica infatti c’è più movimento, gli Astigiani hanno risposto bene e addirittura ci è capitato di dover dire di no a qualche cliente. Ma questo non basta. Infatti, anche se siamo ottimisti, credo che per il futuro dovremo puntare su iniziative diverse, arricchire le offerte, concentrarci di più sul delivery e sulla gastronomia».
Anche il ristorante “La Fioraia” di Castello d’Annone dalla scorsa domenica ha ripreso a lavorare. «Siamo aperti a pranzo e abbiamo avuto prenotazioni sia in settimana che per sabato e domenica – racconta la titolare, Manuela Cornero – speriamo quindi di rimanere aperti questo weekend, altrimenti continueremo con il delivery. Un sistema con cui, in mancanza di alternative, abbiamo anche predisposto il pranzo di Natale e stiamo programmando il cenone di Capodanno».

Elisa Ferrando e Monica Jarre

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